Browsing by Author "Furgiuele, Franco"
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Item Adeguamento antisismico di edifici in c.a. irregolari in pianta mediante l'utilizzo di controventi dissipativi: modellazione, progettazione ed analisi non lineare(2017-06-16) Pedace, Emilia; Furgiuele, Franco; Mazza, FabioItem Analisi dei processi idraulici in terreni insaturi, potenzialmente instabili, attraverso la sperimentazione con modello fisico in scala(2019-04-15) Spolverino, Gennaro; Furgiuele, Franco; Capparrelli, GiovannaOgni anno eventi pluviometrici, anche molto diversi per durata ed intensità, innescano frane superficiali e profonde sui versanti o colate fangoso-detritiche lungo gli impluvi naturali e le aste torrentizie, che producono danni rilevanti e un inaccettabile numero di vittime. La loro pericolosità è legata alla rapidità d’innesco, alla mancanza di indizi premonitori e all’elevata intensità di distribuzione dei singoli fenomeni sul territorio. Tra le varie tipologie di frane, lo studio dei fenomeni franosi rapidi riveste un ruolo prevalente nell’attività di ricerca, in quanto questi rientrano tra i più catastrofici eventi di frana. Lo studio e la previsione delle frane indotte da pioggia quindi, è un campo che riveste grande importanza. La letteratura tecnica propone numerose attività di ricerca, volte sia a comprendere i processi alla base dell’innesco di un fenomeno franoso, che a migliorare i sistemi previsionali, con un ruolo delle discipline idrauliche che appare sempre più rilevante. Per riprodurre e investigare l’evoluzione dell’infiltrazione in pendii insaturi, potenzialmente instabili, si possono utilizzare modelli fisici in scala ridotta. Questi modelli permettono di determinare le caratteristiche idrauliche e meccaniche di uno specifico terreno, analizzando i processi di infiltrazione e tenendo sotto osservazione le grandezze fisiche responsabili dell’innesco franoso. Esistono diverse configurazioni che differiscono in base alle dimensioni e alla strumentazione installata. Quelli maggiormente usati, permettono una modellazione di pendio indefinito con l’installazione di diverse apparecchiature in grado di misurare ogni grandezza necessaria alla comprensione del fenomeno. L’utilizzo di questi modelli consente di analizzare il comportamento di depositi di dimensioni maggiori rispetto ai provini utilizzati per le prove di laboratorio, in modo da limitare gli effetti di contorno ed avere condizioni prossime a quelle presenti in sito. Altro vantaggio di questi modelli è la possibilità di tenere conto del contributo al processo di moto fornito dalla porosità strutturale (e in qualche caso anche dalla macroporosità), che ha una lunghezza caratteristica spesso ben maggiore rispetto alle dimensioni del provino che si usa per le classiche prove di laboratorio. Lo scopo di questo lavoro è comprendere i meccanismi che controllano i processi idraulici in terreni parzialmente saturi, potenzialmente instabili. A tal fine, è stato completato un canale artificiale (la cui componente principale è stata realizzata nell’ambito del Programma Operativo Nazionale - Ricerca e Competitività 2007-2013, nel Progetto SILA “Sistema Integrato di Laboratori”) in grado di misurare le principali grandezze che controllano sia il fenomeno di collasso indotto dall’infiltrazione, sia l’evoluzione post-rottura della frana. Si tratta di un modello fisico ben strumentato che consente di approfondire le conoscenze sulla dinamica evolutiva dell’innesco franoso, consentendo così di ampliare le conoscenze del fenomeno e di valutare nel contempo le procedure più adeguate di mitigazione del rischio. A differenza di altri modelli fisici di pendio, il canale è di dimensioni notevoli ed è possibile quindi analizzare volumi di terreno maggiori e riprodurre più fedelmente il fenomeno naturale, limitando al massimo gli effetti al contorno. Inoltre, la possibilità di investigare spessori più prossimi a quelli reali, permette di studiare il comportamento di coltri di assegnate caratteristiche e gradi di addensamento con stati tensionali più vicini a quelli reali, giungendo così ad una interpretazione dei fenomeni di rottura più veritiera. È stata avviata una specifica attività sperimentale adoperando del terreno piroclastico campano dall’area di Sarno (SA). Questa zona, insieme ad altri comuni delle provincie di Salerno e Avellino, il 5 - 6 Maggio 1998, sono stati colpiti da numerose colate rapide di fango che hanno costretto l’intera regione Campania ad una situazione di emergenza con impatti drammatici sulla popolazione e sull’economia. La zona è caratterizzata da terreni di natura piroclastica, prodotti delle diverse fasi eruttive del complesso vulcanico Somma-Vesuvio, dei campi Flegrei e di altri vulcani presenti nella Regione Campania non più attivi. La stratigrafia del luogo è costituita da un’alternanza di depositi incoerenti, granulometricamente variabili, dalle sabbie, sabbie limose e limi (ceneri), alle ghiaie e sabbie con ghiaia (pomici). Di questi terreni, è stata effettuata una caratterizzazione con delle prove di laboratorio geotecniche e idrauliche. In seguito, sono state eseguite quattro prove con il modello fisico con lo scopo di analizzare e comprendere la predisposizione all’instabilità di questi terreni. In particolare, sono state eseguite una prova con un deposito omogeneo di cenere vulcanica, una prova con un deposito stratificato costituito da uno strato di cenere sovrapposto ad uno di pomici e due prove eseguite su dei pendii formati da tre strati (due di ceneri con in mezzo uno strato di pomici). Ricostruendo le diverse stratigrafie che è possibile riscontrare in sito, sono stati investigati e analizzati i processi di infiltrazione e circolazione delle acque sotterranee, con particolare attenzione al ruolo che hanno assunto gli strati maggiormente grossolani di pomici. Dalle prove è emersa la rilevanza del ruolo ricoperto dagli strati di pomici in termini di stabilità del versante. Le pomici infatti, a seconda delle condizioni di umidità iniziale e dell’intensità della forzante pluviometrica, possono manifestare differenti risposte e comportamenti che influenzano la stabilità del deposito: favorire il deflusso sub-superficiale, impendendo l’annullamento delle suzioni o favorire la formazione di sovrappressioni neutre influenzando la stabilità del versante.Item Analisi di eventi pluviometrici ad elevata intensità al sud Italia(2019-04-15) Greco, Aldo; Furgiuele, Franco; De Luca, Davide LucianoLo studio rivolge l’attenzione alla problematica del rischio idrogeologico, ed in particolare alla componente relativa alle precipitazioni estreme. Nelle regioni del Mediterraneo, le caratteristiche climatiche ed orografiche risultano drammaticamente favorevoli allo sviluppo di simili fenomeni, che molto spesso provocano allagamenti, esondazioni, frane con conseguenti danni alle infrastrutture e perdite di vite umane, incidendo anche in modo negativo sulle opportunità di sviluppo socio-economico dei territori coinvolti. Il presente lavoro intende rispondere alla necessità di fornire una descrizione sempre più accurata della variabilità spaziale e temporale delle piogge, concentrando l’attenzione su eventi pluviometrici molto intensi che si sono verificati in Calabria (Sud Italia). In particolare, per la suddetta area territoriale, è stato sviluppato ed applicato un approccio metodologico, basato su: - selezione e caratterizzazione spazio-temporale degli eventi pluviometrici; - studio specifico dei massimi di precipitazione, sia in termini puntuali che areali; - suddivisione degli eventi in differenti strutture meteoriche; - analisi statistica dell’intensità sub-oraria di pioggia, sia in termini di distribuzioni marginali che condizionate; - studio dell’evoluzione temporale degli eventi, e conseguentemente delle caratteristiche geometriche che li caratterizzano, e analisi statistica dei valori finali assunti dalle stesse; - definizione di forzanti pluviometriche di progetto, sulla base dei risultati ottenuti nei passaggi precedenti. Tale metodologia ha prodotto diversi risultati. In primo luogo, partendo dalla classica ripartizione, relativamente alle strutture meteoriche che generano eventi estremi nel Mediterraneo in eventi frontali, celle temporalesche isolate e “medicanes” (De Luca C. et al., 2010), il pattern meteorologico dei cicloni frontali è stato suddiviso, a causa dell’eterogeneità dello stesso, in due nuovi raggruppamenti, ovvero cicloni ordinari e straordinari (in quest’ultimo vengono inclusi anche i gli eventi con ciclogenesi mediterranea e caratteristiche tropicali). L’intensità sub-oraria di pioggia nei cicloni straordinari presenta valori elevati lungo la fascia ionica centrale e meridionale (in particolare nell’area di allertamento Cala8), invece nei cicloni ordinari non si registra una marcata differenza tra i versanti ionico e tirrenico. In entrambe le tipologie d’evento, le aree concernenti l’altopiano della Sila, Pollino ed alto Ionio sono caratterizzate dalle più basse intensità. Lo studio delle strutture temporali degli eventi, condotto attraverso gli Standard Rainfall Profiles (Huff, 1967-1990), classificati tramite il Binary Shape Code (Terranova & Iaquinta 2011), ha portato all’individuazione delle configurazioni temporali maggiormente critiche, nonché all’analisi dell’evoluzione temporale di importanti caratteristiche come l’area e la massima cumulata degli eventi. L’analisi statistica spaziale di alcune variabili geometriche degli eventi ha dimostrato che le celle temporalesche isolate conservano le medesime caratteristiche indipendentemente dalla stagionalità e dall’ubicazione. I cicloni straordinari, invece, presentano valori elevati in termini di estensione, durate e massime cumulate nella stagione autunnale. I suddetti risultati, elaborati su di un ampio dominio di calcolo, hanno fornito gli strumenti per poter definire una forzante pluviometrica che abbia una certa probabilità di interessare una determinata area. In particolare tale analisi è terminata con la costruzione di ietogrammi relativi ad una particolare tipologia di precipitazione che segue una specifica evoluzione nel tempo (al contrario gli ietogrammi ricavati dall’Idrologia classica utilizzano dati di pioggia eterogenei, cioè appartenenti a fenomeni meteorologici diversi). Tale forzante costituisce un elemento imprescindibile alla formazione di uno scenario d’evento. Pertanto, tale tematica può essere inquadrata nel contesto relativo alle attività di allertamento, nonché di pianificazione e gestione delle emergenze ad esso connesse.Item Assimilation of satellite soil moisture in hydrological modeling: assessment of observations preprocessing and error characterization methods(2019-04-15) De Santis, Domenico; Furgiuele, Franco; Biondi, DanielaIl contenuto d’acqua nel suolo svolge un ruolo fondamentale all’interno di numerosi processi che avvengono sulla superficie terrestre, ed in particolare di quelli che fanno parte del ciclo idrologico. In tal senso il contenuto d’acqua nel suolo rappresenta una variabile chiave anche nell’ambito della generazione dei deflussi nei bacini idrografici per effetto degli eventi pluviometrici, e la corretta caratterizzazione della sua evoluzione temporale risulta estremamente funzionale ad una efficace previsione degli eventi di piena. Dato il ruolo di estremo interesse occupato nell’evoluzione dei processi non solo idrologici ma anche ad esempio climatici e agricoli, crescente attenzione è stata dedicata alla modellazione del contenuto d’acqua nel suolo ai diversi fini applicativi, nonché al monitoraggio strumentale della grandezza, che avviene sia in situ, a scala sostanzialmente puntuale con sensori caratterizzati da elevata accuratezza e risoluzione temporale, che da remoto. Con riferimento al secondo caso, il monitoraggio da satellite ha avuto notevoli sviluppi negli ultimi anni, arrivando a fornire informazioni su scala globale che si distinguono per risoluzioni spaziali e temporali sempre più spinte, anche se riferite ai soli primi centimetri di suolo. Queste tre opzioni per la descrizione dell’andamento del contenuto d’acqua nel suolo devono essere viste come complementari, in virtù delle loro diverse peculiarità, nonché delle limitazioni e degli errori che le caratterizzano. In tal senso, un’interessante opportunità è costituita dalle tecniche di data assimilation sviluppate per integrare in maniera ottimale, sulla base delle relative incertezze, le osservazioni con le previsioni da modello. Una potenziale applicazione è l’assimilazione delle osservazioni da satellite all’interno dei modelli afflussi-deflussi, al fine di migliorare le stime delle variabili di stato che rappresentano il contenuto d’acqua nel suolo, e da queste la simulazione delle portate fluviali. Numerosi studi sono stati svolti sul tema, con risultati spesso contrastanti, evidenziando un grande potenziale per questo genere di applicazione, ma anche la necessità di approfondire le numerose scelte procedurali tipicamente richieste in un lavoro di data assimilation. Le tecniche di data assimilation comunemente usate forniscono soluzioni ottime per problemi con precise ipotesi di base (ad esempio l’assenza di errori sistematici), attraverso il confronto fra osservazioni e stime da modello (che devono essere eventualmente ‘mappate’ qualora rappresentino grandezze diverse, ad esempio contenuto d’acqua riferito a diversi volumi/spessori di suolo) basato sulle relative varianze d’errore. Numerose soluzioni sono state proposte per affrontare i vari steps richiesti dal data assimilation, che si sono dimostrati avere un ruolo decisivo sui risultati finali. Le soluzioni proposte riguardano tanto i modelli, ad esempio attraverso una migliorata rappresentazione delle incertezze di stima o con modifiche alla struttura che siano funzionali all’assimilazione delle osservazioni satellitari, che le osservazioni. Le operazioni condotte sulle osservazioni ai fini della successiva integrazione in modelli previsionali hanno costituito il tema principale di questo lavoro. Generalmente, nelle fasi che precedono l’assimilazione delle misure da satellite di contenuto d’acqua nel suolo sono analizzate le seguenti questioni: la verifica della qualità delle osservazioni satellitari, la differenza fra gli spessori di terreno indagato dal sensore e riprodotto nel modello, la correzione delle differenze sistematiche fra i dataset di osservazioni e simulazioni da modello, la caratterizzazione delle varianze degli errori random. Procedure di quality check sono messe a punto per scartare osservazioni ritenute troppo poco attendibili; in tal senso sono fondamentali gli indicatori inclusi nei dataset satellitari, che, fornendo ad esempio informazioni sulle condizioni ambientali durante la misura o feedback dall’algoritmo di stima, consentono una caratterizzazione della qualità del dato. Il setup delle procedure di quality check è funzione ovviamente dell’applicazione finale, tenendo conto degli effetti derivanti tanto dall’utilizzo di un dato poco accurato che dalla sua eliminazione. Un altro aspetto di cui tenere conto riguarda la profondità di suolo in cui è rilevato il dato di contenuto d’acqua da satellite, limitata a pochi centimetri, laddove i volumi di controllo dei modelli sono generalmente maggiori. A tal fine, la struttura di alcuni modelli è stata modificata inserendo uno strato superficiale di spessore ridotto. Una soluzione di uso comune (talvolta anche nel caso di modelli multilayer) è la propagazione dell’informazione superficiale allo spessore di interesse attraverso un filtro esponenziale, che restituisce un indice indicato come SWI (soil water index). La semplicità di questo approccio, basato su un unico parametro, ne ha determinato un’ampia diffusione in vari ambiti applicativi, e dataset globali di contenuto d’acqua da satellite ottenuti con questo metodo sono attualmente in distribuzione. L’eventuale presenza di differenze sistematiche fra il dato da satellite in corso di processamento e la stima da modello deve essere poi corretta, andando ad inficiare in caso contrario le prestazioni del generico sistema di data assimilation, finalizzato alla sola riduzione degli errori random. Diversi approcci sono al riguardo disponibili; quelli di uso predominante risultano indirizzati al matching delle caratteristiche complessive dei due dataset (ad esempio in termini di varianza). Tuttavia, quando la correzione risulta preliminare al data assimilation, pare più appropriato l’uso di tecniche che cerchino di tenere conto della struttura di errore dei due dataset, in modo da effettuare il matching della sola parte informativa (anche nota come segnale), separando quindi i contributi legati all’errore. Sull’osservazione così preprocessata si effettua, quindi, una stima della varianza degli errori random, che contribuirà a determinare il suo peso quando sarà combinata con la previsione ‘a priori’ del modello. Una inadeguata caratterizzazione in questa fase impedisce di giungere al valore di ‘analisi’ ottimale, caratterizzato cioè da varianza di errore minima, e può portare anche al peggioramento delle performance iniziali del modello. Anche per questo step sono stati suggeriti diversi approcci, fra cui quello di uso consolidato è denominato Triple Collocation (TC), e si basa sull’utilizzo di tre dataset indipendenti per i quali si assume la stazionarietà della varianza di errore. Un metodo alternativo, in grado di fornire una stima tempovariabile della grandezza qui indagata, è la propagazione analitica degli errori (EP, error propagation) associati agli input e ai parametri attraverso le equazioni del modello da cui deriva l’osservazione (la misura da satellite del contenuto d’acqua non è in alcun caso diretta ma prevede il processamento delle grandezze effettivamente misurate dai sensori di bordo). Questo secondo approccio tuttavia non garantisce stime in magnitudo plausibili come la TC, non tenendo conto del contributo degli errori dovuti alla struttura del modello. L’analisi delle operazioni di preprocessing e caratterizzazione degli errori delle osservazioni da satellite di contenuto d’acqua nel suolo è stata principalmente svolta attraverso lo sviluppo di due applicazioni. Nella prima applicazione sono trattati i temi del quality check delle osservazioni satellitari e, soprattutto, del trasferimento dell’osservazione superficiale di contenuto d’acqua da satellite a spessori di suolo di maggiore interesse applicativo, usando l’approccio del filtro esponenziale di largo uso in letteratura, in un contesto di verifica della capacità della stima derivata da dati satellitari di riprodurre l’andamento osservato in situ del contenuto d’acqua su strati di spessore maggiore. L’aspetto innovativo introdotto nel lavoro di tesi è costituito dalla messa a punto di uno schema di propagazione degli errori originale, finalizzato alla caratterizzazione per via analitica dell’andamento temporale delle varianze degli errori random del SWI. Le equazioni di propagazione degli errori sono state ricavate e poste in una pratica forma ricorsiva, consentendo di tenere in conto fattori che notoriamente introducono inaccuratezze negli output del filtro esponenziale. Con l’approccio proposto diventa, infatti, possibile propagare le varianze d’errore tempovariabili disponibili in alcuni dataset satellitari di contenuto d’acqua superficiale, nonché valutare gli effetti sul SWI in termini di varianza di errore legati alla disponibilità temporale di misure in input e all’incertezza nel parametro del filtro. Una valutazione preliminare della procedura di propagazione degli errori proposta è stata effettuata verificando l’effettiva corrispondenza fra varianza d’errore del SWI stimata ed effettivi scostamenti rispetto a misure in situ di riferimento; contestualmente sono state anche testate diverse configurazioni della procedura di quality check usando gli indicatori disponibili per il prodotto satellitare usato. Nella seconda applicazione sono trattati i temi della correzione delle differenze sistematiche fra i dataset di osservazioni e simulazioni da modello, e della caratterizzazione delle varianze degli errori random nelle osservazioni, ai fini della valutazione degli effetti dell’assimilazione di misure satellitari di contenuto d’acqua del suolo sulle performance di modelli afflussi-deflussi. Lo studio, svolto durante un soggiorno di ricerca presso il gruppo di Idrologia del CNR-IRPI di Perugia ed in particolare con i ricercatori Luca Brocca e Christian Massari, presenta diversi aspetti innovativi, il primo dei quali è costituito dall’elevato numero (diverse centinaia) di bacini di studio, distribuiti nel continente europeo e complessivamente rappresentativi di diverse condizioni climatiche e fisiografiche, laddove i lavori precedenti su queste tematiche coinvolgevano generalmente aree geografiche ridotte e/o un numero contenuto di bacini. Il dataset di partenza, inclusivo di valori di portata, precipitazione, temperatura e osservazioni satellitari di contenuto d’acqua nel suolo per quasi 900 bacini, è stato costruito dal gruppo di Idrologia del CNR-IRPI. Un secondo aspetto d’interesse riguarda l’aver considerato, oltre ad osservazioni da sensori di tipo sia attivo che passivo provenienti da diverse missioni spaziali, diverse scelte procedurali per le fasi di rimozione delle differenze sistematiche e di caratterizzazione degli errori delle osservazioni. Nel complesso, sebbene le metodologie utilizzate costituiscano delle pratiche riconosciute e usate in questi ambiti, l’utilizzo di procedure comuni per un così largo numero di bacini rappresenta un’applicazione raramente riscontrata in letteratura che ha come principale pregio quello di consentire di superare le soggettività introdotte con la scelta di soluzioni sito-specifiche sovente fatte in precedenti studi su scala più ridotta e talvolta orientate all’ottimizzazione dei risultati finali della procedura di data assimilation. Un terzo tema analizzato, oggetto di attenzione recente nella letteratura del settore, è legato alla presenza di bias di tipo ‘moltiplicativo’ nelle serie temporali di contenuto d’acqua nel suolo da modello e derivate da satellite, ancora presenti in seguito alla fase di rimozione delle differenze sistematiche, e al suo effetto sugli output di portata ottenuti assimilando l’osservazione. Con riferimento all’obiettivo generale del miglioramento della previsione idrologica, in questa applicazione i benefici dell’assimilazione dei dati da satellite sono apparsi variabili, confermando in qualche modo i risultati contrastanti presenti in letteratura. Quale contributo a questo dibattito, lo studio fornisce indicazioni sulla bontà dell’assimilazione di diversi prodotti satellitari in diverse aree geografiche e sotto diverse condizioni preliminari (ad esempio differenti regimi climatici ma anche differenti accuratezze degli input pluviometrici disponibili), e sugli effetti dei diversi approcci metodologici usati per le operazioni preliminari all’assimilazione nel modello. La tesi è strutturata come segue. Il capitolo 1 è costituito da una breve introduzione alle tematiche del lavoro, mentre il capitolo 2 ha per oggetto il contenuto d’acqua del suolo (definizioni, fattori e processi che ne determinano le dinamiche spaziali e temporali, cenni al ruolo nelle varie applicazioni incluse quelle idrologiche) e le caratteristiche dei vari approcci con cui ne viene descritta l’evoluzione (modellazione, misure in situ e da remoto). Il capitolo 3 è incentrato sul data assimilation, fornendo una panoramica dei diversi approcci, una sintesi di risultati ed evidenze relativi all’assimilazione delle misure di contenuto d’acqua nel suolo, e la formulazione matematica dei metodi più comunemente utilizzati per tale scopo. Nel capitolo 4 è fornito un inquadramento teorico su problematiche e metodologie relative alle operazioni di preprocessing e di caratterizzazione degli errori delle osservazioni. Nei capitoli 5 e 6 sono mostrate nel dettaglio le due applicazioni sopra descritte che costituiscono l’aspetto peculiare di questa tesi.Item Design and experimental validation of downstream manufacturing processes on polymeric and composite materials.(2019-04-15) Conte, Romina; Furgiuele, Franco; Ambrogio, GiuseppinaItem Development and characterization of advanced ceramic materials(2017-06-29) Lamuta, Caterina; Furgiuele, Franco; Pagnotta, LeonardoIl presente lavoro di tesi è incentrato sullo sviluppo e la caratterizzazione di materiali ceramici avanzati. In particolare, tre diversi materiali sono stati prodotti e analizzati, e i risultati ottenuti sono stati presentati in tre differenti capitoli. Il primo capitolo si focalizza sullo studio di rivestimenti ceramici nanostrutturati di zirconia parzialmente stabilizzata con yttria (YSZ), realizzati mediante un processo di Air Plasma Spray (APS). Tali rivestimenti sono stati prodotti presso il centro ricerche ENEA di Brindisi e sono stati caratterizzatti nei laboratori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università della Calabria. L’obiettivo dell’attività di ricerca svolta è stato quello di analizzare l’influenza di alcuni parametri di processo sulle proprietà microstrutturali, meccaniche e tribologiche dei suddetti rivestimenti. E’ stato dimostrato che, modificando in maniera opportuna tali parametri, è possibile controllare la percentuale di aree nanostrutturate contenute all’interno del materiale e quindi conferire al rivestimento proprietà differenti. In tal modo si possono quindi ingegnerizzare tali rivestimenti in funzione dei diversi campi di applicazione, che spaziano dalle produzione di barriere termiche a quella di rivestimenti abradibili, utilizzati per ridurre i flussi di bypass tra le pale e lo statore dei motori a turbina degli aerei. La microstruttura dei rivestimenti prodotti è stata analizzata mediante acquisizioni SEM (Scanning Electron Microscopy), mentre per la caratterizzazione meccanica e ad usura sono stati realizzati test di indentazione e test tribologici, rispettivamente. Mentre la zirconia può essere considerata un materiale ceramico avanzato ben noto, il materiale analizzato all’interno del secondo capitolo, una malta geopolimerica a base di metacaolino, è presentato come materiale ceramico avanzato per la prima volta nel presente lavoro di tesi. Tale materiale è stato interamente prodotto e caratterizzato presso i laboratori di Ingegneria Meccanica e Chimica dell’Università della Calabria. I geopolimeri sono materiali ceramici consolidati a freddo, ottenuti dall’attivazione alcalina di precursori alluminosilicati. Tali materiali, sviluppati nel 1970 come alternativa al cemento Portland, pur essendo più ecosostenibili rispetto a quest’ultimo presentano proprietà meccaniche e applicazioni simili a quelle del comune cemento. Non trovando impiego nell’ambito di applicazioni high-tech, i geopolimeri sono sempre stati annoverati tra i materiali ceramici tradizionali. La scoperta di un effetto piezoelettrico diretto all’interno di tali materiali, proposta per la prima volta nella presente trattazione, ha però il potere di trasformare i geopolimeri in materiali ceramici avanzati. Nuove ed interessanti applicazioni derivano infatti da questa scoperta, sia nell’ambito della sensoristica che in quello dell’ energy harvesting. In particolare, è stato proposto un nuovo modello chimico-fisico per la descrizione dell’effetto piezoelettrico osservato all’interno dei geopolimeri. Per la prima volta l’attività piezoelettrica è stata ricondotta ad un fenomeno di mobilità ionica anziché alla deformazione di una struttura cristallina non centro-simmetrica. Il coefficiente di carica misurato per le malte geopolimeriche prodotte varia da 4 pC/N a 40 pC/N, in base alla quantità di acqua contenuta all’interno del materiale. Oltre alla caratterizzazione piezoelettrica, sono state proposte anche una caratterizzazione piezoresistiva e meccanica. Quest’ultima in particolare, è stata condotta a diverse scale. Per la caratterizzazione alla nano e alla micro scala, sono state realizzate prove di indentazione, mentre per la caratterizzazione alla macroscale, è stata sviluppata ed ottimizzata una nuova metodologia, caratterizzata dalla combinazione della correlazione digitale delle immagini (DIC) e del Brazilian Disk Test. Il coefficiente piezoelettrico misurato per le malte geopolimeriche prodotte risulta essere sufficientemente elevato per applicazioni sensoristiche; tuttavia, alcune applicazioni, soprattutto nell’ambito dell’ energy harvesting, richiedono spesso coefficienti più elevati. Con lo scopo di incrementare le prestazioni elettro-meccaniche dei geopolimeri analizzati, si è deciso di utilizzare nanoplatelets di grafene (GNPs) come fillers all’interno delle malte prodotte. I risultati relativi alla produzione e alla caratterizzazione chimica, meccanica, ed elettromeccanica di tali nanocompositi sono stati presentati all’interno del terzo ed ultimo capitolo. Mentre l’aggiunta di GNPs sembra non aver modificato in maniera incisiva le proprietà meccaniche dei geopolimeri, sono stati misurati promettenti incrementi del gauge factor e del coefficiente piezoelettrico (pari al 20% e al 198%, rispettivamente) in seguito all’aggiunta dell’1% in peso di grafene. Ulteriori analisi sono tuttavia necessarie per la formulazione di un modello fisico in grado di chiarire il ruolo del grafene nell’ambito dell’attività elettro-meccanica dei geopolimeri. Nella seconda parte del terzo capitolo, alcuni isolanti topologici (Bi2Te3, Bi2Se3 e SnSe) sono stati proposti come nanofillers alternativi per l’incremento delle performances elettro-meccaniche dei geopolimeri. Gli isolanti topologici, noti anche come “graphene like materials”, pur essendo semiconduttori nel bulk, sono caratterizzati da un’eccellente conducibilità elettrica in superficie, paragonabile a quella del grafene. Rispetto a quest’ultimo inoltre, presentano una conducibilità priva di dissipazioni in presenza di difetti superficiali e possono essere prodotti tramite processi relativamente economici. La conoscenza delle proprietà meccaniche di tali materiali è tuttavia estremamente limitata e i pochi lavori presenti in letteratura sono quasi interamente di carattere teorico e computazionale. A tal proposito, il Bi2Te3, il Bi2Se3 e lo SnSe sono stati caratterizzati mediante prove di indentazione strumentata e simulazioni DFT (Density Functional Theory), tenendo in considerazione l’anisotropia meccanica che tali materiali presentano. I risultati ottenuti sono di fondamentale importanza per tutti gli studi futuri incentrati sulla produzione e la caratterizzazione di nanocompositi geopolimerici rinforzati con nanofillers di Bi2Te3, Bi2Se3 e SnSe. “Ingegnerizzare”, “concepire” e “migliorare” un materiale ceramico avanzato sono quindi i tre differenti approcci proposti all’interno dei tre differenti capitoli del presente lavoro di tesi.Item Dynamic thermal and energetic characteristics of building walls containing sensible storage and phase change materials. New analytical and numerical models and experimental validation(2017-06-16) Mazzeo, Domenico; Furgiuele, Franco; Oliveti, GiuseppeItem Emergency preparedness in industrial plants: an industry 4.0 driven training solution(2019-03-04) Padovano, Antonio; Furgiuele, Franco; Longo, FrancescoMajor accident hazards industrial sites or high-risk industries lack of a dedicated training methodology and environment to enhance significantly the personnel rate of retention as well as emergency preparedness and response skills (both technical and non-technical, e.g. leadership, decision-making, team-working, stress management). The need for effective industrial emergency preparedness and response training systems is widely acknowledged also from academic communities that have invested a great deal of time and effort to detect methodologies to enhance emergency response staff performance (emergency manager and emergency team members). This study takes a step forward in current practice proposing a multiplayer industrial emergency preparedness and response training system, which leverages on Industry 4.0 enabling technologies – namely Simulation, Virtual Reality & Serious Games – and on a cooperative, experiential and differentiated training strategy. It also pushes for an increased attention on human factors in the Occupational Health and Safety 4.0 and proposes an approach to analyze the effects of human factors with the ultimate aim to include them in the design of industrial safety protocols and regulations and in the assessment of hazards. This way, after an experimental campaign and statistical analysis of the results, the proposed training system has been critically investigated to ascertain: § how the emergency response staff performance evolves along repeated training sessions; § to which extent the proposed solution is effective in delivering procedural knowledge to the emergency response staff; § whether it is realistic enough to think that the training experience produces psychological stress in those people that are trained with it and how they cope with stress over the repeated replications § whether and to which extent human factors, such as stress and perceived workload, are correlated to the capability of the emergency manager to coordinate and monitor the execution of all the measures and actions intended to deal with an industrial accident and its effects.Item Experimental and numerical modeling of solitary wave loads on horizontal circular cylinders(2019-03-04) Tripepi, Giuseppe; Furgiuele, Franco; Aristodemo, FrancescoThe present thesis deals with an experimental and numerical study on the horizontal and vertical hydrodynamic forces induced by solitary waves on submerged horizontal circular cylinders. Laboratory tests were performed in the wave flume of the University of Calabria. A battery of pressure transducers was mounted along the external contour of a cylinder while four wave gauges were located close to the cylinder. The correct displacement of the wavemaker was checked by an ultrasonic sensor located behind the paddle. A number of 134 experimental tests were conducted in the wave channel taking into account different wave attacks and five depths of the cylinder location ranging between half water depth and the bottom of the flume. From the numerical viewpoint, two different numerical models were adopted. The first one is the diffusive weakly-compressible Smoothed Particle Hydrodynamics (SPH) model. To improve the results and prevent spurious flows near the cylindrical contour, a packing algorithm has been applied to initialize the SPH fluid particles. The acoustic components occurring in the numerical pressure field were filtered through the application of Wavelet Transform. The numerical simulations provided to investigate in detail the flow field near the cylinder not modeled by the laboratory investigation. This Lagrangian model was used only in the case where the cylinder was placed at half water depth. The high time consuming of the SPH simulations led to adopt another numerical approach. In this context, the Eulerian OlaFlow model was used to investigate the other four depths of the cylinder. With respect to the experimental tests, additional numerical simulations were performed to extend the range of the analysis. Considering all the five positions of the cylinder, a total of 176 numerical simulations were carried out. The good agreement between experimental and numerical forces and kinematics at the cylinder has allowed the calibration of the hydrodynamic coefficients in the Morison and transverse semi-empirical equations by different time-domain methods. The present thesis has showed an alternative method (Gurnari and Filianoti, 2017) to assess the horizontal forces. Based on the concept that a solitary wave is subjected to a slowdown passing over the cylinder, this formulation was used after the experimental calibration of the speed drop factor. In this work, an extension of the transverse for-mulation which considered a new form of the lift force was also presented. For two specific depths, this formulation resulted necessary to model correctly the peaks and the phase shifts of the vertical forces. The experimental and numerical analysis were presented comparing the time variation of the experimental and numerical simulations for two test cases at each depth. The overall analysis of the peaks forces was evaluated as a function of the wave amplitude. In addition, the weight of the different force components, i.e. drag, lift and horizontal and vertical inertia, was evaluated and analyzed with respect to the maximum values of the horizontal and vertical force. The time variation of the horizontal forces calculated by the Gurnari and Filianoti (2017) solution was compared with the experimental ones for the two vertical extreme positions of the cylinder. The comparison between the experimental and the Gurnari and Filianoti (2017) equation was performed in relation to the horizontal force peaks.Item Fatigue and fracture behavior in nichel-titanium based shape memory alloys(2013-11-25) Emanuele Sgambitterra, Emanuele; Olivito, Renato Sante; Furgiuele, FrancoItem <> social network come strumento di business: impatto su consumatori e brand management(2018-07-03) Nocella, Isabella; Furgiuele, Franco; Verteramo, SaverinoI social network sono diventati un vero e proprio tool per la realizzazione delle strategie di marketing aziendale, per la fidelizzazione e il raggiungimento dei consumatori, nonché uno dei principali canali di diffusione di informazioni sui propri prodotti/servizi. La creazione di relazioni dirette con i consumatori tramite i social diventa elemento centrale delle attività di marketing, in quanto gli stessi consumatori possono a loro volta trasformarsi in sostenitori dell’azienda, con un chiaro impatto sulla brand trust (Habibi et al., 2014) e sulla brand loyalty (Laroche et al., 2013). L’interazione diretta con i marchi attraverso le brand fan page consente di ottenere un word-of-mouth positivo (Kozinets et. al, 2010) e una maggiore brand loyalty da parte dei consumatori (Bagozzi & Dholakia, 2006). Le attività social possono, però, avere anche effetti negativi su aziende e relativi brand, come dimostrano molte storie diffuse anche a mezzo stampa (Gensler et al., 2013). Una delle sfide imprenditoriali più importanti, infatti, è diventata proprio la gestione del brand nell’ambito social (Leeflang et al., 2014), attraverso l’inserimento dei social network nella strategia di digital marketing con l’obiettivo di stimolare i consumatori ad interagire l’un l’altro (attraverso opinioni, commenti, suggerimenti) cosicché gli effetti positivi derivanti da queste nuove piattaforme sovrastino quelli negativi. Lo strumento principale che le aziende utilizzano per la loro presenza sui social è la brand fan page. Il dibattito in letteratura è ancora aperto su quale sia il loro utilizzo in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Nel presente lavoro si è deciso di focalizzarsi su tre ambiti principali: 1. Studio del legame tra tipologia di contenuti pubblicati sulle brand fan page, purchase intention e brand trust. Questo studio è presentato nel capitolo 2 e lo scopo è stato quello di capire come i contenuti diffusi sulla brand fan page (classificati in informativi e di intrattenimento) influenzano il comportamento del consumatore, in termini di brand trust e purchase intention. La metodologia utilizzata ha previsto la somministrazione di una survey somministrata a 449 intervistati, reclutati in modo casuale sulle brand fan page di Facebook nel mese di aprile 2017. I risultati hanno mostrato che entrambe le tipologie di contenuti influenzano la fiducia nel marchio e le intenzioni di acquisto dei consumatori; 2. Utilizzo della brand fan page da parte di una start up innovativa per farsi conoscere dai potenziali consumatori e analisi dei risultati ottenuti dall’applicazione di una social media strategy. Nel capitolo 3 sono stati analizzati i criteri da seguire nella creazione e nella gestione di una campagna di comunicazione sui social per una start up, con particolare riferimento alla tipologia di contenuti e alla misurazione dei risultati ottenuti. In particolare, è stato proposto un caso di studio di una start up innovativa del settore alimentare (Reolì), che produce prodotti realizzati con una tecnologia produttiva su un brevetto di una spin off dell’Università della Calabria. Si è scelto di focalizzarsi su tale caso aziendale, in quanto questa azienda ha deciso di utilizzare come unico canale di comunicazione e marketing i social network, in particolare la brand fan page di Facebook. La metodologia utilizzata è quella del caso di studio attraverso l’analisi di dati interni ed esterni, raccolti tramite interviste face to face ai manager aziendali e l’estrazione degli insight da brand fan page su piattaforme social. È stata analizzata la fase di creazione ed applicazione di una social media marketing strategy ed i risultati ottenuti hanno permesso di individuare i contenuti maggiormente efficaci per una start up che deve farsi conoscere sul mercato e deve promuovere il proprio marchio ed i propri prodotti. 3. Utilizzo della brand fan page come canale di vendita diretta presente sulla piattaforma social (social commerce). Nella prima parte del capitolo 4 viene presentato un excursus generale sull’evoluzione dell’e-commerce che ha portato alla nascita del social commerce, andando ad analizzare le singole variabili che lo compongono. Attualmente il fenomeno emergente riguarda i social network che stanno ampliando il loro set di funzionalità, proponendo alle imprese presenti sulla piattaforma la possibilità di aprire un vero e proprio canale di social commerce che consenta di effettuare le transazioni commerciali direttamente sulla brand fan page. Nella seconda parte è stato, quindi, proposto un modello di social commerce che tiene conto delle interazioni social tra gli utenti non in modo generico, ma andando a classificarle in funzione delle diverse categorie di utenti con i quali sui social network è possibile interagire: ‘amici’ e ‘non amici’. Il modello è stato analizzato attraverso uno studio quantitativo che ha previsto la somministrazione di una survey a 704 utenti di brand fan page Facebook, selezionati in modo casuale nel mese di marzo 2017. I risultati hanno mostrato che le interazioni con la propria rete di amici influenzano la purchase intention; mentre, le interazioni con utenti sconosciuti influenzano sia la fiducia nella piattaforma che la purchase intention.Item Identation-Based fracture characterization of brittle materials(2008-11-21) Leonardi, Alessandro; Rizzuti, Sergio; Furgiuele, Franco; Wood, Robert J.K.; Syngellakis, StavrosItem Innovative manipulation techniques for underwater robotics(2019-03-04) Rizzo, Domenico; Furgiuele, Franco; Bruno, FabioThis thesis is concerned with innovative manipulation techniques for underwater robotics and ocean engineering. In particular, it focuses on challenging problems of three different areas of the underwater manipulation, regarding the position feedback of the robotic arm, the visual feedback, and the manipulation of fragile objects. First, the position feedback has been addressed studying the kinematic performance of a hydraulic manipulator, in term of its accuracy and repeatability, used for underwater artifact cleaning activity. The manipulator has been re-designed during the CoMAS (Insitu conservation planning of Underwater Archaeological Artefacts) project. The results of the study have been of fundamental importance in the development of the control strategies for the control of the ROV and its manipulator. In fact, on the basis of the maximum error positions found and the kinematic performance of the arm it has been defined a “safety range” that allows avoiding collisions among the end-effector’s tool and the artifacts. Second, the visual feedback has been addressed presenting an augmented reality visualization of scene depth for aiding ROV (Remotely Operated Vehicle) pilots in underwater manipulation. The architecture and the software of the system have been developed during the CoMAS project, while in this thesis has been provided the calibration of the whole system. In particular, combining the kinematics of the robotic arm and the standard photogrammetric model of the stereo camera, it has been possible to generate a depth map that shows to the pilots the distances of the surface of the scene objects from the end-effector's pose. Experimental trials have been carried out in the laboratory and in the water tank in order to evaluate and improve the performance of the system, approaching the target softly. Despite the development of these feedbacks, currently, existing robotic manipulators are often too powerful and awkward to handle delicate or complex objects without damaging them. To figure this out, soft end effectors have been studied during my research internship at the faculty of Ocean Engineering of the University of Rhode Island (USA). The research activity has been carried out at the Robotics Laboratory for Complex Underwater Environments (R-CUE). In particular, it focuses on continues the development, prototyping, and testing of compliant jamming grippers based on Soft Robotics technologies. Specifically, the subject is divided into two main projects, studying both a universal jamming gripper and a hybrid toroidal soft gripper. The main purpose the universal jamming gripper has been to complete the integration with the existing arm, design and perform experiments with the gripper in the water tank, and propose refinements to the design of the mechanical and hydraulic system. While, the hybrid toroidal soft gripper has been designed, prototyped, and integrated with the existing arm and hydraulic system, to the end of carrying out a qualitative performance of the gripper in the water tank. The first extended trials of the hybrid toroidal soft gripper have been carried out at the Department of Mechanics, Energy, and Management (DIMEG) at the University of CalabriaItem Interpretation of local scouring at bridge piers and abutments with the phenomenological theory of turbulence(2019-03-04) Coscarella, Francesco; Furgiuele, Franco; Gaudio, Roberto; Manes, CostantinoThe phenomenological theory of turbulence is here applied to the scouring phenomenon at bridge piers and abutments. In the last ve decades many researches have been devoted to the development of predictive formulae able to quantify the maximum scour depth for both design and risk assessment needs of hydraulic structures. Owing to the complexity of the problem, most of the proposed formulae were developed on an empirical basis, which made them susceptible to scale issues and not fully consistent with the physics underpinning the scouring phenomenon. Recently, some studies of Gioia & Bombardelli (2005), Bombardelli & Gioia (2006), Manes & Brocchini (2015) and Ali & Dey (2018) have proposed a di erent approach, which exploits a theory to derive scaling relations between the equilibrium scour depth and non-dimensional parameters. Their work presented the phenomenological theory of turbulence and the paradigms of the sediment incipient motion theory assuming rough ow conditions, meaning that the momentum transport near the sediment-water interface was dominated by eddies belonging to the turbulent energy spectrum inertial range and scaling with the sediment diameter. In order to provide more general models and on the basis of the ndings of Bonetti et al. (2017), the present work relaxes this as sumption by exploring the scaling of the equilibrium scour depth in cases where momentum transport is a ected by eddies belonging to the dissipation and production range. This improvements were applied to the scouring phenomenon at bridge piers, to derive a predictive formula for the maximum scour depth, and to the scouring phenomenon at bridge abutments, to derive a scaling law that does not allow a directly assessment of the maximum scour depth, but provides new avenues for the development of general predictive formulae that are founded more on physical than empirical bases. In both cases, the proposed theory includes the relevant non-dimensional parameters controlling the scouring process and, contrary to commonly employed empirical formulae, it is free from scale issues.Item Isolamento sismico di edifici in c.a. esposti all'azione del fuoco: progettazione, modellazione ed analisi termica e dinamica non lineare(2019-03-04) Alesina, Fabio; Furgiuele, Franco; Mazza, FabioUn considerevole incremento della deformabilità, dovuto all’esposizione all’azione del fuoco, per gli edifici in calcestruzzo armato isolati sismicamente può produrre una significativa amplificazione della risposta strutturale, specialmente per effetto degli impulsi di lunga durata in direzione orizzontale che caratterizzano i terremoti near-fault. D’altra parte, la conoscenza della risposta sismica di edifici in c.a. isolati dal sisma e precedentemente interessati da un incendio è molto limitata, soprattutto per quanto riguarda gli effetti dell’azione del fuoco sul sistema d’isolamento sismico. A tal proposito, si è deciso di approfondire la conoscenza degli effetti dei terremoti registrati in prossimità di faglia sulla risposta sismica non lineare post-incendio di edifici intelaiati in c.a. protetti dall’azione sismica mediante la tecnica dell’isolamento. Il livello di degrado prodotto dal fuoco può essere stimato mediante metodologie differenti in base alla tipologia di elemento strutturale che si intende analizzare. Del resto, uno degli obiettivi del presente lavoro di tesi è quello di proporre delle metodologie semplificate e/o avanzate, mediante l’uso delle quali poter valutare le caratteristiche meccaniche residue (durante l’incendio e/o alla fine dell’incendio) degli elementi strutturali in c.a. e dei dispositivi dei sistemi d’isolamento sismico. Il lavoro di tesi mira ad evidenziare l’importanza della considerazione degli effetti dell’azione del fuoco e dell’applicazione di un’opportuna tecnica d’intervento per ripristinare il livello di rigidezza e resistenza iniziale evitando così conseguenze catastrofiche per effetto di eventi sismici di forte intensità in fase post-incendio. Con lo scopo di investigare in modo esaustivo la tematica oggetto dell’attività di ricerca sono state progettate diverse strutture test, scelte in modo da rappresentare un'ampia gamma di tipologie di edifici isolati dal sisma e con sovrastruttura intelaiata in calcestruzzo armato. Per quanto riguarda la modellazione dell’azione del fuoco, sono stati simulati incendi su uno o più piani delle strutture test progettate, considerando differenti classi di resistenza al fuoco e differenti valori del grado di ventilazione; inoltre, è stato analizzato il caso di incendio limitato ad una parte della struttura in esame con lo scopo di evidenziare eventuali effetti torsionali inattesi. Per quanto riguarda l’input sismico considerato nell’analisi dinamica non lineare, sono stati considerati diversi terremoti registrati (naturali), disponibili in database, distinti in base alla minima distanza dalla faglia, tipo di componente dominante, natura dell’impulso, magnitudo e velocità delle onde di taglio.Item Lo sviluppo dei sistemi di trasporto collettivo: studio di un indice per la determinazione del comfort a bordo.(2017-06-16) Tassitani, Antonio; Furgiuele, Franco; Astarita, VittorioItem <> studio della sicurezza stradale per una mobilità sostenibile. Analisi sperimentale del comportamento di guida degli utenti tramite l'utilizzo dei sistemi ITS(2018-05-18) Pungillo, Giuseppe; Furgiuele, Franco; Mazzulla, GabriellaItem Modelli organizzativi e servizi ICT a supporto dello sviluppo sostenibile di sistemi agroalimentari e turistici locali(2018-05-04) Della Gala, Marco; Furgiuele, Franco; Volpentesta, Antonio PalmiroItem Multi-level assessment of the environmental benefits of a permeable pavement: numerical analysis and experimental investigations(2018-05-09) Turco, Michele; Furgiuele, Franco; Piro, PatriziaThe increasing frequency of flooding events in urban catchments related to an increase in impervious surfaces highlights the inadequacy of traditional urban drainage systems whose aim is to rapidly collect and convey overland flows to the treatment plants. Recently, scientific community has focused its attention on Low-impact developments (LIDs) techniques that have proven to be valuable alternatives for stormwater management and hydrological restoration, by reducing stormwater runoff by reproducing natural hydrological processes in urban areas. However, the lack of diffusion of adequate modelling tools represents a barrier in designing and constructing such systems. In general, Permeable Pavement (PP) represents a good solution to solve stormwater management problems both in quantitative and qualitative way. This thesis focused on assessing the hydraulic behaviour and water quality performance of permeable pavements based on laboratory experiments and developing a modelling approach for the water flow in order to assisting engineers and researchers in the design of these systems. In this way, an adequate hydrological description of water flow in the pavement system relies heavily on the knowledge of the unsaturated hydraulic properties of the construction materials. Although several modelling tools and many laboratory methods already exist in the literature to determine the hydraulic properties of soils, the importance of an accurate description of hydraulic properties of materials used in the permeable pavement, is increasingly recognized in the fields of urban hydrology. Thus, the aim of this study is to propose techniques/procedures on how to interpret water flow through the structural system using the HYDRUS model. The overall analysis includes experimental and mathematical procedures for model calibration and validation to assess the suitability of the HYDRUS-2D model to interpret the hydraulic behaviour of a lab-scale permeable pavement system. The system consists of three porous materials: a wear layer of porous concrete blocks, a bedding layers of fine gravel, and a sub-base layer of coarse gravel. The water regime in this system, i.e. outflow at the bottom and water contents in the middle of the bedding layer, was monitored during ten irrigation events of various durations and intensities. The hydraulic properties of porous concrete blocks and fine gravel described by the van Genuchten functions were measured using the clay tank and the multistep outflow experiments, respectively. Coarse gravel properties were set at literature values. In addition, some of the parameters (Ks of the concrete blocks layer, and α, n and Ks of the bedding layer) were optimized with the HYDRUS-2D model from water fluxes and soil water contents measured during irrigation events. The measured and modelled hydrographs were compared using the Nash-Sutcliffe efficiency (NSE) index (varied between 0.95 and 0.99) while the coefficient of determination R2 was used to assess the measured water content versus the modelled water content in the bedding layer (R2= 0.81÷0.87). The parameters were validated using the remaining sets of measurements resulting in NSE values greater than 0.90 (0.91÷0.99) and R2 between 0.63 and 0.91. Results have confirmed the applicability of HYDRUS-2D to describe correctly the hydraulic behaviour of the lab-scale system. Water quality performance aimed to improve the knowledge of the system to remove heavy metals (Copper and Zinc) from stormwater runoff. It was assessed by using batch and contaminant flow experiments. Batch experiments were conducted on each construction material of the PP and highlighted that, among the pavement materials tested, only concrete blocks had the potential to adsorb the heavy metals investigated. Results shown that the adsorption capacity of the porous concrete is higher in adsorbing Cu (70% ÷ 90%) than Zn (69% ÷ 75%). Flow contaminant experiment were performed under different inflow concentrations. Results show that removal rates of Cu and Zn of the lab-scale pavements range from 85% to 92% and from 65% to 82%, respectivelyItem Nearly zero energy buildings: technical solution for mediterranean climate and influence of occupancy(2019-04-15) Carpino, Cristina; Furgiuele, Franco; Arcuri, NataleThe European Union has identified construction, responsible for about 40% of global energy consumption, as the key sector for smart and sustainable growth, through the development of strategies and tools aimed at making buildings more energy efficient and comfortable. The 2010/31/EU Directive on the energy performance of buildings introduced the concept of nearly Zero Energy Building (nZEB). The nearly zero energy building is defined as "a building with very high energy performance, in which the very low or almost zero energy needs, should be significantly covered by energy from renewable sources, including energy from renewable sources produced on-site or nearby”. All new buildings must be “nearly zero energy” by 31st December 2020 and the deadline is 2018 for public buildings. The target is also extended to buildings undergoing renovation. The nZEB definition results in a set of requirements that the building has to meet in terms of characteristics of the envelope, efficiency of energy systems, and integration of renewable energy sources. The design strategies for the reduction of energy consumption vary according to the climatic conditions. Solutions typically used in cold climates, such as high thermal insulation and maximization of solar gains, may be inadequate in climates characterized by prevailing cooling requirements. Furthermore, international studies showed that the action of the occupants is crucial in the design and, even more, in the operation and maintenance of low energy buildings. In order to achieve optimal levels of comfort and energy efficiency, the dynamic interaction between the building and the users has to be considered. The present research aims to verify the feasibility of nearly Zero Energy Buildings in the Mediterranean climate, achieved through the use of advanced construction techniques and highlighting the role of thermal inertia. The study seeks to deepen the understanding of occupant behavior and the impact of occupancy modeling on the energy performance of buildings and on the actual attainment of the nZEB objective. Abstract (Italian) L’Unione Europea ha individuato nell’edilizia, responsabile di circa il 40% del consumo globale di energia, il settore chiave per la crescita intelligente e sostenibile, sviluppando strategie e strumenti finalizzati a rendere gli edifici energeticamente più efficienti e confortevoli. La Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia ha introdotto il concetto di nearly Zero Energy Building (nZEB). L’edificio a energia quasi zero è definito come “edificio ad altissima prestazione energetica, il cui fabbisogno energetico, molto basso o quasi nullo, dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze”. Entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero e la scadenza è anticipata al 2018 per gli edifici pubblici. Il target interessa anche gli edifici sottoposti a interventi di ristrutturazione. La definizione di nZEB si traduce in una serie di requisiti che l’edificio deve rispettare in termini di caratteristiche dell’involucro, efficienza degli impianti energetici e integrazione di fonti energetiche rinnovabili. Le strategie progettuali per il contenimento dei consumi variano in funzione delle condizioni climatiche. Soluzioni tipicamente impiegate in climi freddi, come l’elevato isolamento termico e la massimizzazione degli apporti solari, possono risultare inadeguate in climi caratterizzati da prevalente fabbisogno di raffrescamento. Inoltre, studi a livello internazionale hanno evidenziato come nella progettazione e, ancor di più, nel funzionamento e mantenimento degli edifici a basso consumo energetico, sia cruciale l’azione degli occupanti. Per raggiungere livelli ottimali di comfort ed efficienza energetica è fondamentale considerare l’interazione dinamica tra la costruzione e gli utenti. Il presente lavoro di ricerca si propone di verificare la fattibilità di edifici ad energia quasi zero in clima Mediterraneo, realizzati mediante l’impiego di tecniche costruttive avanzate e mettendo in evidenza il ruolo dell’inerzia termica. Inoltre, lo studio mira ad approfondire la comprensione del comportamento degli occupanti e l’impatto della modellazione dell’occupazione sulla prestazione energetica degli edifici e sul concreto raggiungimento dell’obiettivo nZEB.