Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra - Tesi di dottorato
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Questa collezione raccoglie le Tesi di Dottorato afferenti al Dipartimento Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell'Università della Calabria.
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Item <> catestatina migliora la risposta Frank-Starling in cuori di ratto normotesi e ipertesi agendo come attivatore fisiologico del pathway trasduzionale ossido nitrico-dipendente(16-12-2015) Cantafio, Patrizia; Canonaco, Marcello; Angelone, TommasoThe myocardial response to mechanical stretch (Frank-Starling law) is an important physiological cardiac determinant. Modulated by many endogenous substances, it is impaired in the presence of cardiovascular pathologies and during senescence. Catestatin (CST: hCgA352-372), a 21-amino-acid derivate of Chromogranin A (CgA), displays hypotensive/vasodilatory properties and counteracts excessive systemic and/or intra-cardiac excitatory stimuli (e.g., catecholamines and endothelin-1). CST, produced also by the myocardium, affects the heart by modulating inotropy, lusitropy and the coronary tone through a Nitric Oxide (NO)-dependent mechanism. This study evaluated the putative influence elicited by CST on the Frank-Starling response of normotensive Wistar Kyoto (WKY) and hypertensive (SHR) hearts by using isolated and Langendorff perfused cardiac preparations. Functional changes were evaluated on aged (18-month-old) WKY rats and SHR which mimic human chronic heart failure (HF). Comparison to WKY rats, SHR showed a reduced Frank-Starling response. In both rat strains, CST administration improved myocardial mechanical response to increased end-diastolic pressures. This effect was mediated by EE/IP3K/NOS/NO/cGMP/PKG, as revealed by specific inhibitors. CST-dependent positive Frank-Starling response is paralleled by an increment in protein S-Nitrosylation, AKT/eNOS/nNOS and PLN phosphorylations. Our data suggested CST as a NO dependent physiological modulator of the stretch-induced intrinsic regulation of the heart. This may be of particular importance in the aged hypertrophic heart, whose function is impaired because of a reduced systolic performance accompanied by delayed relaxation and increased diastolic stiffness.Item Il ruolo della Cromogranina A e dei suoi peptidi derivati, Serpinina e Catestatina, nella fisiopatologia cardiaca(2012-11-24) Gentile, Stefano; Cerra, Maria Carmela; Angelone, Tommaso; Canonaco, MarcelloIl ruolo cardiovascolare della CgA e dei suoi peptidi bioattivi è stato ampiamente documentato. I livelli plasmatici di CgA (range fisiologico da 0.5nM a 5nM), inizialmente utilizzati nella pratica clinica come biomarker di tumori neuroendocrini (O’Connor and Bernstein, 1984; Stridsberg and Husebye, 1997), rappresentano anche un importante marker per le disfunzioni del sistema cardiocircolatorio come ad esempio l’ipertensione essenziale, le cardiomiopatie ipertrofico/dilatative e l’insufficienza cardiaca (Ceconi et al., 2002). Recentemente Jansson et al. (2009), e Rosjo et al. (2010), hanno dimostrato che i livelli di CgA nella sindrome coronarica acuta forniscono informazioni prognostiche indipendentemente dagli altri markers di rischio convenzionali. L’importanza della CgA nella biologia cardiaca è inoltre supportata dall’osservazione che la delezione del gene per la CgA nei topi provoca lo sviluppo di ipertensione, che può essere riportata a livelli fisiologici trattando gli animali con CST o reintroducendo il gene per la CgA in topi con background Chga-/- (Mahapatra et al., 2005). I livelli plasmatici di CgA aumentano in condizioni di eccessiva stimolazione del sistema simpatico, particolarmente evidente nell’insufficienza cardiaca. Ceconi et al. (2002) e Pieroni et al. (2007), hanno dimostrato che in pazienti affetti da insufficienza cardiaca le concentrazioni plasmatiche di CgA sono aumentate (10-20 nM; 500-1000ng/ml), e strettamente correlate alla severità della patologia. Al momento non sono però disponibili informazioni sugli effetti diretti della CgA intera sul cuore, e sui fattori che regolano la sua produzione e processamento a livello miocardico.Il presente lavoro ha quindi lo scopo di chiarire se, e in che misura, la CgA intera induce effetti diretti sulla performance cardiaca, e la possibilità di un processamento proteolitico intracardiaco stimolo-dipendente della proteina. Utilizzando ratti normotesi (WKY) e ipertesi (SHR), abbiamo valutato i) gli effetti miocardici e coronarici della CgA intera nel cuore di ratto isolato e perfuso secondo metodica Langendorff; ii) il pathway trasduzionale (Akt/NOS/NO/cGMP/PKG) coinvolto nel suo meccanismo d’azione; iii) il processamento intracardiaco della CgA in seguito a stimolazione -adrenergica con ISO. Dal processamento della CgA deriva una serie di peptidi bioattivi; fra questi i peptidi N-terminali VS-1/2, (VS-1 CgA1-76; VS-2 CgA1-113), e il peptide C-terminale CST (CgA352-372), hanno effetti cardioattivi. La CST promuove l’angiogenesi (Theurl et al., 2010), abbassa la pressione sanguigna (Mahapatra et al., 2005; Fung et al., 2010; Gaede and Pilowsky, 2012), riduce la contrattilità cardiaca (Angelone et al., 2008; Mazza et al., 2008; Imbrogno et al., 2010), e incrementa la sensibilità dei barocettori (Gayen et al., 2009a; Gaede and Pilowsky, 2010). Recentemente è stato scoperto un nuovo frammento derivato dalla CgA. A livello della regione C-terminale, altamente conservata, il clivaggio proteico ad opera delle pro-ormone convertasi (PC1/2/3), genera un frammento di 2.9 kDa, la “serpinina” (Ala26Leu), il quale può subire una modificazione all’estremità N-terminale per formare un residuo di piro-glutammato (pGlu23Leu o pGlu-serpinina) (Koshimizu et al., 2011a,b). La presenza di entrambe le forme di serpinina è stata rilevata in colture di cellule di ghiandola pituitaria (AtT20). Questi peptidi sono in grado di inibire la morte cellulare indotta da stress ossidativo (Koshimizu et al., 2011a), e di promuovere la biogenesi dei granuli secretori nelle cellule endocrine regolando l’espressione di un inibitore delle proteasi, la proteasi nexina-1 (PN-1), che previene la degradazione delle proteine dei granuli nell’apparato di Golgi. È stato osservato che i peptidi della serpinina agiscono attraverso il pathway AC/cAMP/PKA (Koshimizu et al., 2011b), suggerendo che il meccanismo eccitatorio indotto dalla serpinina potrebbe controbilanciare gli effetti antiadrenergici e cardioinibitori indotti dalla CST e VS-1. Ad oggi non esistono evidenze sperimentali sul possibile ruolo cardioattivo della serpinina; pertanto nel presente lavoro di tesi è stata valutata la presenza di questo peptide e delle sue forme alternative nel cuore di ratto; è stato inoltre osservato in che modo influenzano la performance miocardica e la vasoattività coronarica. La serpinina e la pGlu-serpinina inducono un effetto positivo dose-dipendente sulla contrazione (inotropismo) del cuore di ratto isolato e perfuso secondo metodica Langendorff e sui muscoli papillari isolati, nonché sul rilassamento (lusitropismo) miocardico. Questi effetti miocardici sono stati accompagnati da una lieve, ma non significativa, vasodilatazione coronarica. Un terzo peptide, la serpinina Ala29Gly, non ha influenzato la performance cardiaca a nessuna delle concentrazioni testate. Sia la serpinina che la pGlu-serpinina sembrano agire attraverso il pathway 1-AR/AC/cAMP/PKA. Questi dati evidenziano le proprietà cardio-circolatorie della serpinina e della pGlu-serpinina, fornendo ulteriori informazioni su come i peptidi CgA derivati possano, controbilanciandosi, regolare finemente l’attività cardiaca in risposta a stimoli -adrenergici.Il quadro clinico dei pazienti affetti da cardiopatie è complicato da un’altra patologia che si accompagna spesso alle cardiopatie, la sindrome metabolica. E’ stato constatato, infatti, che circa il 30% di pazienti con cardiopatia ischemica acuta sono affetti da sindrome metabolica (ad esempio diabete, obesità). Il peptide CgA derivato prancreastatina (CgA250-301, PST) (Tatemoto et al., 1986; O’Connor et al., 2005; Gayen et al., 2009b), svolge diverse funzioni a livello metabolico, in particolare sul metabolismo del glucosio (Tatemoto et al., 1986). Tuttavia non sembra avere effetti a livello cardiovascolare. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo della PST e della CST nel regolare la secrezione di insulina mantenendo l’omeostasi fra l’effetto anti-insulina della PST, e gli effetti insulino-sensitizzante della CST. (Gayen et al., 2009b). È stata valutata la possibile azione della CST sul metabolismo lipidico che, come è ben noto, risulta alterato nei soggetti obesi. Le cellule adipose sono regolate dalle catecolamine attraverso quattro tipi di AR: 1, 2, 3 e 2 (Arner, 1999; Arner, 2005). L’attivazione dei recettori -AR, coinvolgento le proteine G stimolatorie, aumenta la produzione di cAMP; questo a sua volta attiva la PKA, la quale fosforila la lipasi ormone sensibile (HSL) causando l’idrolisi dei lipidi. Al contrario, l’attivazione dei recettori 2-AR, accoppiati a proteine G inibitorie, inducono effetti opposti sulla lipolisi (Lafontan et al., 1997; Stich et al., 1999, 2003; Lafontan and Langin, 2009). Pertanto l’azione netta delle catecolamine sulla lipolisi dipende dall’equilibrio fra recettori - e -AR (Arner, 2005). Normalmente l’azione lipolitica indotta dai recettori -AR prevale sull’azione -AR. Una continua stimolazione del sistema nervoso simpatico o un aumento delle catecolamine plasmatiche, è spesso associato alla desensitizzazione dei -AR (Mori et al., 2007). Studi in vivo hanno dimostrato che l’azione lipolitica delle catecolamine è ridotta nei soggetti obesi (Bougneres et al., 1997; Jensen, 1997). Il trattamento ripetuto con epinefrina induce soppressione della lipolisi, basale e indotta da epinefrina, sia in soggetti normopeso che obesi (Townsend et al., 1994). Anche negli studi in vitro la risposta lipolitica indotta dall’epinefrina è diminuita dal pretrattamento con la stessa molecola (Stallknecht et al., 1997). Sulla base di questi dati, è stato ipotizzato che l’aumentata massa adiposa dei topi iperadrenergici Chga-KO (Gayen et al., 2009a) possa rispecchiare la desensitizzazione dovuta all’aumento delle catecolamine circolanti (Mahapatra et al., 2005). I topi Chga-KO mostrano, nonostante gli elevati livelli circolanti di catecolamine e leptina, una notevole adiposità. Le catecolamine inibiscono la secrezione della leptina (Fritsche et al., 1998; Scriba et al., 2000; Couillard et al., 2002); la desensitizzazione del -AR potrebbe prevenire tale effetto, causando un aumento dei livelli di leptina e della massa adiposa, così come mostrato nei topi Chga-KO e in altri modelli sperimentali di obesità. Come osservato nei topi DIO (diet induced obesity), l’aumento di leptina circolante induce la desensitizzazione dei recettori per la leptina, possibile causa del fenotipo obeso dei topi Chga-KO. Sulla base di queste osservazioni, è stato ipotizzato che la CST possa ridurre l’obesità ripristinando la sensibilità dei recettori adrenergici e dei recettori per la leptina attraverso la normalizzazione dei livelli plasmatici di catecolamine e leptina. È stato infatti osservato che il trattamento cronico con CST induce una significativa riduzione della massa adiposa nei topi Chga-KO. Il trattamento con CST ha inoltre determinato una riduzione del peso corporeo e della massa adiposa anche nei topi DIO, senza alterare l’assunzione di cibo. Sia nei topi DIO che nei topi ob/ob, in cui l’obesità è dovuta all’incapacità di produrre leptina, la CST è in grado di incrementare gli effetti della leptina sul metabolismo e sul signaling del tessuto adiposo. Le nostre osservazioni suggeriscono che la riduzione della massa grassa dopo trattamento cronico con CST è dovuta ad un aumento della lipolisi e della mobilizzazione dei lipidi; inoltre sembra che la CST agisca attraverso i recettori 2-AR e i recettori per la leptina. In linea con tali osservazioni, la CST promuove l’ossidazione degli acidi grassi e il signaling della leptina.Item Sistema NOS/NO e condizioni di stress: meccanismi di adattamento cardiaco(2012-11-21) Capria, Carla; Cerra, Maria Carmela; Canonaco, Marcello; Imbrogno, Sandra G. V.Questo lavoro di tesi di dottorato ha analizzato l’influenza di condizioni di stress, quali temperatura e disponibilità di ossigeno, sulla modulazione ossido nitrico sintasi (NOS)/ossido nitrico (NO)‐dipendente della performance cardiaca dei teleostei (Parte 1 e 2). Nell’ultima parte del lavoro, realizzato presso il Dipartimento di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Oxford, è stato valutato l’effetto dello stress iperglicemico sulla struttura e funzionalità dell’enzima NOS nei mammiferi (Parte 3). Parte 1. Temperatura e modulazione NO‐dipendente della risposta di Frank‐Starling nel teleosteo Anguilla anguilla La legge di Frank Starling è una proprietà fondamentale del miocardio dei vertebrati che permette al cuore di generare una risposta contrattile adeguata alle variazioni del precarico. È stato dimostrato che nel cuore di anguilla (Anguilla anguilla), l’Ossido nitrico (NO) esercita un effetto rilassante diretto sul miocardio, aumentando la sensibilità del cuore alla risposta di Frank‐Starling. Utilizzando un preparato di cuore isolato e perfuso come modello sperimentale, il presente studio ha analizzato la relazione tra modulazione NO‐dipendente della risposta di Frank‐Starling e variazioni di temperatura. I risultati ottenuti hanno dimostrato che nei pesci acclimatati a varie temperature (animali primaverili perfusi a 20°C e animali invernali perfusi a 10°C) l’inibizione della Ossido Nitrico Sintasi (NOS), e quindi della produzione di NO, mediante trattamento con L‐NIO ha ridotto la risposta di Starling, mentre in condizioni di shock termico (animali primaverili perfusi a 10 e 15°C e animali invernali perfusi a 15 e 20°C) il trattamento con L‐NIO non ha esercitato alcun effetto. Le analisi di Western Blotting hanno evidenziato una riduzione dell’espressione di p‐eNOS e p‐Akt in campioni sottoposti a shock termico. Inoltre, in condizioni di acuti aumenti di temperatura, è stato osservato un incremento dell’espressione proteica di Hsp90. Nel complesso, i risultati suggeriscono che la modulazione NOS/NO dipendente della risposta di Starling nel cuore dei pesci è sensibile allo stress termico. Parte 2. Sistema NOS/NO e resistenza all’ipossia: il cuore di goldfish come modello sperimentale Il goldfish (Carassius auratus) è un teleosteo noto per la sua capacità di tollerare prolungati e severi stati ipossici, ed è pertanto considerato un prezioso modello sperimentale per lo studio dei meccanismi che permettono la sopravvivenza ed il mantenimento della funzionalità cardiaca in condizioni in cui la disponibilità di O2 rappresenta un fattore limitante. Il presente lavoro ha permesso la caratterizzazione morfo‐funzionale del cuore di goldfish ed ha fornito le basi per l’analisi del ruolo dello NO sia come modulatore della performance cardiaca basale che come fattore coinvolto nei meccanismi di tolleranza a condizioni di ipossia. Oltre alle classiche 4 camere cardiache, ovvero seno venoso, atrio, ventricolo e bulbo arterioso, sono state identificate altre due strutture, corrispondenti alla regione atrio‐ventricolare (AV) e al cono arterioso. L’atrio è molto ampio ed altamente trabecolato; il ventricolo appare costituito da una parte esterna di miocardio compatto, vascolarizzato da vasi coronarici, ed una interna di miocardio spugnoso; la parete bulbare è caratterizzata da un elevato rapporto elastina/collagene, che ne aumenta la compliance. Gli esperimenti di immunolocalizzazione hanno evidenziato la presenza dell’isoforma endoteliale attiva della NOS (p‐eNOS) a livello dell’endotelio coronarico ed, in minor misura, nei miocardiociti e nell’endotelio vascolare. L’utilizzo di preparati di cuore isolato e perfuso, ha permesso la caratterizzazione funzionale del cuore di goldfish sia in condizioni basali che in risposta ad incrementi di precarico. I cuori sono risultati estremamente sensibili ad incrementi della pressione di riempimento, raggiungendo il massimo valore di SV (SV=1.08±0.09 mL/kg peso corporeo) a 0.4 kPa. In condizioni ipossiche, tale sensibilità è risultata ancora maggiore; i preparati hanno infatti raggiunto il massimo valore di SV (SV=1.5±0.2 mL/kg peso corporeo) a valori di pressione di riempimento minori (0.25 kPa). Variazioni della pressione di postcarico ne hanno invece compromesso la funzionalità. Tali caratteristiche morfo‐funzionali ci permettono di definire il comportamento del cuore di goldfish come pompa di volume. In condizioni basali, il trattamento con L‐NMMA (inibitore della NOS) ha esercitato un effetto inotropo positivo sia in normossia che in ipossia, mentre il trattamento con nitrito ha indotto un effetto inotropo negativo in condizioni normossiche ed un effetto inotropo positivo in condizioni ipossiche. In risposta agli incrementi di precarico, il trattamento con L‐NMMA ha significativamente ridotto la curva di Starling in normossia, mentre non ha esercitato alcun effetto in ipossia; al contrario, il nitrito non ha modificato la risposta di Starling in condizioni normossiche, mentre ha ridotto tale risposta in condizioni ipossiche, riportandola ai valori di controllo ottenuti in normossia. Questi risultati hanno evidenziato un ruolo del sistema NOS/NO nella modulazione della performance cardiaca sia basale che fisicamente stimolata, ed una sensibilità dei meccanismi di regolazione NOS/NO‐dipendenti a variazioni della concentrazione di ossigeno. Parte 3. NOS e stress iperglicemico: ruolo della BH4 sulla struttura e funzionalità dell’enzima La NOS, principale sorgente di NO in condizioni fisiologiche, è sintetizzata in forma monomerica, ma esplica le sue funzioni solo dopo formazione dell’omodimero attivo. Il corretto funzionamento della struttura dimerica richiede la presenza di una serie di cofattori, il più importante dei quali è la 5,6,7,8‐tetraidrobiopterina (BH4), responsabile della stabilizzazione del dimero. In assenza di tale cofattore infatti l’enzima produce anione superossido e non NO. La BH4 è sintetizzata in vivo attraverso un pathway il cui enzima limitante è la GTP Ciclo Idrolasi (GCH). Una riduzione della disponibilità di BH4 è stata associata alla disfunzione vascolare correlata a varie patologie con implicazioni a livello cardiovascolare, tra cui il diabete. In questo contesto, utilizzando modelli di topi mGCH‐Tg è stato analizzato il ruolo della BH4 nel disaccoppiamento dell’enzima NOS associato a stress iperglicemico. La caratterizzazione del fenotipo di questo modello sperimentale ha evidenziato una over‐espressione, miocardio specifica, dell’enzima GCH, ed un aumento delle concentrazioni di BH4 e dei suoi prodotti ossidati in tessuto ventricolare di topi mGCH‐Tg rispetto ai topi WT. Inoltre, la produzione di superossido è risultata significativamente ridotta rispetto ai topi di controllo, confermando l’ipotesi che la BH4 riveste un ruolo fondamentale nella stabilizzazione della forma dimerica dell’enzima NOS. L’induzione del diabete di tipo 1 non ha modificato tali risultati. La concentrazione di BH4 e dei suoi prodotti ossidati, così come la produzione di superossido, non sono risultate infatti modificate in condizioni di iperglicemia, supportando l’ipotesi che un aumento della disponibilità di BH4 favorisce l’accoppiamento dell’enzima NOS anche in condizioni di stress iperglicemico. Nel complesso, i nostri dati suggeriscono un ruolo protettivo della BH4 nei meccanismi di stress ossidativo associati alla condizione diabetica. Nell’insieme, i dati ottenuti suggeriscono che nel cuore dei vertebrati il sistema NOS/NO rappresenta un punto nodale su cui convergono segnali attivati da condizioni di stress (ad esempio, variazioni di temperatura, stress ipossico ed iperglicemico), e da cui si dipartono cascate trasduzionali fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi cardiaca in talicondizioni.