Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali - Tesi di Dottorato
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Questa collezione raccoglie le Tesi di Dottorato afferenti al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università della Calabria.
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Item Transmigranti e contesto urbano : l'esperienza insediativa della comunità cinese(2006) Verri, Alessandra; Sivini, GiordanoIl principale obiettivo che la tesi si prefigge è quello di verificare la possibilità di sancire, attraverso l’osservazione delle trasformazioni sociali e delle innovazioni che conseguono alle migrazioni contemporanee, il passaggio dal paradigma del migrante moderno – mosso, secondo il cliché dominante, solo ed esclusivamente dal bisogno – a quello del transmigrante – il cui movimento avviene sì entro una traiettoria segnata da condizionamenti strutturali e sviluppo ineguale, ma è determinato, oltre cha da necessità, da consapevolezza. Il transnazionalismo è la lente attraverso cui si è tentato di mettere a fuoco l’autonomia dei transmigranti, e, in un certo senso, lo strumento di cui ci si è serviti per liberarli, analiticamente, dalle costrizioni del senso comune. La novità del modello transnazionalista ci è sembrato fosse proprio il suo focus su una modalità alternativa di adattamento economico dei migranti alla società di ricezione, un metodo basato sulla intensa mobilitazione dei reticoli sociali che si estendono attraverso diverse nazioni e luoghi situati anche a grande distanza . Molti dei gruppi migranti contemporanei, infatti, è emerso, non sono né definitivamente immigrati né definitivamente votati al ritorno, e i loro spostamenti non sono necessariamente in primo luogo stato -tropici. Essi operano, semmai, una deterritorializzazione selettiva di alcuni tratti del contesto di provenienza e successivamente una riterritorializzazione creativa che porta alla costruzione di un nuovo territorio, di tipo transnational appunto. Conseguentemente, allo scopo di verificare l’ipotesi della soggettività delle transmigrazioni, si è deciso di guardare alle modalità della riterritorializzazione di due gruppi di origine cinese, rispettivamente entro il territorio fiorentino e ai confini della città di Toronto, e di considerare l’applicabilità a queste esperienze di un concetto nuovo, quello di ethnoburb. Lo spazio suburbano teorizzato da Wei Li ci è sembrato, infatti, desse coerentemente conto del modo in cui i transmigranti contemporanei tracciano nuovi spazi e residenze – e, al loro interno, nuove forme di vita e cooperazione - e della loro capacità di mobilitare risorse e creare da sé opportunità utili ad adattarsi e riprodursi entro una struttura sociale ostile. E poiché la migrazione non è un unicum coerente si è scelto, ai fini dell’analisi, un approccio multi-metodologico in cui avessero analogo peso le osservazioni personali e le impressioni raccolte attraverso le interviste semistrutturate. La comparazione, infine, si è rivelata strumento estremamente utile alla comprensione della diversa incidenza, sull’esperienza dei migranti incontrati, di struttura e agency, oltre che per la verifica dell’ipotesi secondo cui le pratiche della riterritorializzazione agite da questi migranti sarebbero evidenza del loro vissuto transnazionale e insieme della loro ‘potenza’ e soggettività. Analogie e differenze sono affiorate dal confronto delle due esperienze considerate. Dall’osservazione delle due realtà, e della molteplicità di elementi che partecipano alla loro rispettiva definizione, si potrebbe concludere che la soggettività di ciascuno dei gruppi presi in esame si manifesta e declina differentemente a confronto con condizioni strutturali diverse ma, soprattutto, che attori diversi, in grado di mobilitare risorse diverse per quantità e qualità, partecipano in maniera differente alla formazione del territorio. Contrariamente alle visioni più comuni che negano, a livello teorico, la partecipazione dei migranti alla costituzione dei territori e, a livello politico, il diritto a farlo, essi, cioè, sono in grado di imporre la propria presenza in forme che sono evidentemente la risultanza di una molteplicità di elementi e della mescolanza di passato, presente e futuro,oltre che di soggettività e autonomia. L’insieme degli elementi emersi ci ha portato, infine, a concludere che, per quanto la struttura ne influenzi, ancora oggi, lo sviluppo, le trasmigrazioni e i transmigranti sono in grado di praticare e imporre, attraverso la propria capacità relazionale e le competenze acquisite, la propria libertà, il proprio potenziale innovativo. E che, dunque, quel passaggio paradigmatico ipotizzato è compiuto, anche se è necessario che se ne diffonda una piena e matura consapevolezza.Item Rigenerazione urbana e società : analisi comparata di due casi di studio in Italia ed in Germania(2006) Galdini, Rossana; Marra, EzioLa ricerca ha per oggetto i processi di rigenerazione urbana, intesa come fenomeno multidimensionale ed integrato, in cui elementi di riqualificazione fisica si intersecano con aspetti sociali, culturali, economici ed ambientali. Muovendo da un’analisi dei processi di trasformazione in atto nelle città europee, si propone una riflessione sugli aspetti centrali delle politiche urbane e si evidenzia l’interazione tra aspetti sociali, urbanistici, economici e culturali presenti nel processo di rigenerazione urbana. L’obiettivo è quello di individuare le dinamiche attraverso cui una città medio-grande, utilizzando un complesso sistema di sinergie, riesce a rimettersi in moto, a riqualificarsi e a diventare competitiva. Attraverso l’analisi di una strategia polarizzata sulle aree centrali e visibili della città, qual è quella utilizzata a Genova e di un’altra volta al bilanciamento degli interventi tra centro e periferia, realizzata nella città di Essen in Germania, si evidenziano, sulla base della letteratura esistente, di ricerche sul campo e di interviste qualitative, gli effetti del processo di rigenerazione urbana che ha avuto luogo in queste città negli ultimi quindici anni. Il focus della ricerca riguarda l’osservazione della capacità delle strategie esaminate di legare insieme gli aspetti urbanistici, architettonici e le politiche sociali, di coniugare equità e sviluppo, verificando se i processi in corso siano orientati ad un effettivo bilanciamento sociale o se esiste un’evidente frattura gli interventi di riqualificazione fisica e le azioni rivolte al sociale. I riferimenti teorici sono finalizzati all’acquisizione di una nuova prospettiva analitica dei processi di rigenerazione urbana. Il tentativo è quello di proporre una chiave di lettura, sui processi in corso, che offra una visione “multidimensionale” dei fenomeni di rigenerazione. Nella seconda parte, la fase empirica, le esperienze di Genova e di Essen sono analizzate, evidenziando la strategia intrapresa, gli interventi più significativi, le politiche culturali e sociali, in relazione alla specificità degli ambiti territoriali.Nell’ultima parte sono sintetizzate le conclusioni del rapporto di ricerca ed in particolare il nodo irrisolto tra politiche di sviluppo e di rigenerazione e politiche fondate sul principio di equità sociale. La comparazione dei risultati empirici acquisiti attraverso lo studio dei casi consente di avvalorare le ipotesi teoriche, formulate sulla base della letteratura esistente. Lo studio dei processi di rinnovo urbano suggerisce il ricorso ad una politica urbana attiva, orientata verso la sostenibilità delle proprie scelte. Il concetto di rigenerazione urbana, l’integrazione delle politiche, delle strategie, dei saperi, l’orientamento delle politiche urbane verso i bisogni ed i desideri dei cittadini, la partecipazione, la cooperazione sono i concetti chiave di questa ricerca. Sulla base di queste considerazioni, la ricerca individua nell’approccio sociale al rinnovo delle città, un’interessante prospettiva di sviluppo urbano.The topic of the research is urban regeneration, considered as a multidimensional and integrated phenomenon, in which the renewal of physical infrastructures intersects with social, cultural, economic and environmental aspects. The research analyzes the process of urban renewal in Europe and examines the factors influencing this process as well as the consequences of its implementation, bringing up some reflections, considering the way in which urban policies and urban planning try to answer the new demands, to face up to competition, to stimulate development processes at the local, national and international level. The aim is to identify the dynamics through which a middle –size city, can get moving, regenerate, becoming competitive. The research provides a cross national analysis of two case-studies, Genoa in Italy and Essen in Germany, observing strategies, actions and instruments which have taken place in these cities in the last fifteen years in order to fight decline and de-industrialization processes. Each experience has been analyzed for its spatial network, for its principal projects and for the emerging elements of the process, for urban strategies, for cultural and social policies. The focus is on the capacity of the observed strategies to put together physical elements and social policies, equity and development. The theoretical analysis preceding the field work examination, aims to bring a contribution to a new perspective of urban regeneration. Specifically, we stress the possibility to set up an urban social development, considered as all the strategies, actions and interventions which aim to satisfy people needs and desires. The first part of the research analyzes the aspects of urban chances and urban development policies. The second one, describes the case-studies; the third offers a comparative analysis between urban regeneration in Genoa and in Essen and summarizes the conclusions of the research, in particular, the conflict between 5 development and regeneration policies and the social equity based policies still unsolved. The correlation among the themes of the theoretical analysis and the data from the field work carried out in a comparative way, points out some reflections. For example the role of participation, community commitment that become essential both to create helpful neighbourhood and a positive perception of identity and image in people living there. The analysis stresses that the fundamental element in good examples of urban regeneration is the physical scene, that represent the continuity between present and past and between present and future. But through social and cultural local elements regeneration succeeds in acquiring a permanent character and in contributing to the reconstruction of the city’s identity. Urban project is the condition necessary but not sufficient, in order to demonstrate regeneration: beyond the “physical things” there must be “the facts”, the decisions and the behaviours, the attitudes, the communication between the various subjects, to improve and to implement urban regeneration policies. The field of action of urban regeneration extends, including objectives towards the “physical city “ and the “social city”.Item Dalla fuga alla diaspora : la scelta dell'esodo al tempo dell'umanitario : i rilievi dell'esperienza soggettiva nella vicenda dei rifugiati tibetani in India, e dei rifugiati sudanesi in Italia(2006) D'Agostino, Mariafrancesca; Sivini, GiordanoIl punto di partenza di questa ricerca abbraccia la tesi proposta da quanti individuano, dal secondo dopoguerra in poi, l’emergenza di un processo di etichettamento e serializzazione a partire dal quale i rifugiati si sarebbero imposti nel dibattito politico internazionale come “discorso” strategicamente rilevante. Tali processi sono indagati nella parte prima di questo lavoro al fine di evidenziare come tanto gli obiettivi politici perseguiti dall’Occidente nel periodo della Guerra fredda, tanto lo slittamento che oggi ricorre verso politiche d’asilo tese a confinare i profughi entro aree prossime a quelle di provenienza, abbiano finito per ipostatizzare nei rifugiati l’immagine di vittime private di cultura e identità, e della fuga come movimento essenzialmente involontario. Utilizzando le riflessioni recentemente compiute in seno agli studi sulla diaspora e sulle pratiche del transnazionalismo, l’ipotesi di fondo di questo lavoro afferma al contrario la necessità di riscoprire i rifugiati come agenti capaci di assumere scelte propriamente soggettive, legate ai loro desideri e ai gruppi cui si trovano affiliati, sebbene tale soggettività si articoli nei contesti di arrivo in maniera differente e specifica rispetto a quando la migrazione non sia generata da condizioni di conflitto e violenza generalizzata. L’etnografia condotta con i rifugiati tibetani che vivono in India, e con i rifugiati del Darfur che si trovano in Italia, ci avverte infatti che quello sfondo comune di lutti, violenze e protesta che ricorre nell’esperienza dei rifugiati, di fronte a processi che costringono l’esodo tra lo spazio dell’umanitario e quello dell’irregolarità, nei contesti d’arrivo sta emergendo sempre più spesso come motivo di partecipazione collettiva e diretta: quale impulso alla costituzione di movimenti diasporici capaci di avvalersi dei network sociali, dei flussi tecnologici diffusi dalla globalizzazione, per incidere dall’estero sui conflitti di origine e sulla loro evoluzione. Di fronte alla crisi dell’ONU e del diritto internazionale, i rifugiati sembrano riuscire a dar vita, cioè, a nuove forze sociali, a connessioni diasporiche che, mentre li qualificano come categoria a sé nel quadro sociologicamente più ricco della migrazione, svolgono funzioni di critica e protesta, ma anche vere e proprie attività di cooperazione e di diplomazia “dal basso” capaci di alludere ad una possibile alternativa sociale, distinguibile ed autorganizzata.Item I tempi della cura : genere, quotidianità e tecnologie domestiche(2006) Pupo, Rosaria; Barazzetti, DonatellaOggetto di studio della mia tesi è il tempo della cura, cioè quel tempo dedicato alla riproduzione della vita degli altri esseri umani, al loro benessere fisico e mentale, alla loro protezione. Nel corso dell’ultimo cinquantennio gli stili di vita si sono profondamente trasformati e con essi anche il lavoro di cura. Nel mio percorso di ricerca ho analizzato i mutamenti dell’organizzazione e dei significati dell’attività di cura e delle scansioni temporali delle quotidianità femminili all’interno di due contesti caratterizzati da differenti processi di modernizzazione. Le teorie della vita quotidiana sono state lo strumento analitico per leggere, entro il più ampio processo di modernizzazione, le conseguenze che la diffusione delle tecnologie domestiche hanno prodotto sul lavoro di cura ed in che termini queste abbiano aperto nuovi spazi sociali ed individuali per le donne e se abbiano indotto delle trasformazioni nei ruoli maschili e femminili. La parte empirica della ricerca ha riguardato la comparazione fra due insiemi di donne provenienti dallo stesso contesto sociale -la Calabria degli anni ’50- ma che hanno percorso due differenti modelli di trasformazione sociale: uno più lento, per quelle che sono rimaste e sono cresciute in Calabria, l’altro più repentino, per quelle che sono emigrate a Vaughan in Canada. La comparazione si colloca su un duplice piano d’analisi: quello orizzontale tra generazioni cresciute in contesti differenti e quella verticale tra generazioni successive. In un caso, quello calabrese, la diffusione delle tecnologie domestiche si è prodotta gradualmente, rappresentando più che un progetto coerente e complessivo di organizzazione del lavoro domestico, un segno di possibilità di accesso al consumo e di acquisizione di status. Nell’altro caso, quello canadese, la dotazione tecnologica domestica è invece già immediatamente disponibile e rientra nelle logiche di razionalità organizzativa che governano quel sistema già dagli anni ’50. Nell’un caso e nell’altro le tecnologie domestiche si pongono come funzionali ad un più generale modello di sviluppo. Liberano tempo e diminuiscono la fatica fisica. Ma questo tempo e questa fatica fisica, che rimangono prerogativa del genere femminile, non incrementano le dimensioni del tempo libero fruibile dalle donne. Nel caso canadese consentono esclusivamente alle donne di poter, razionalizzando e velocizzando il lavoro domestico, essere libere e disponibili verso il mercato del lavoro. Nel caso calabrese supportano una generazione di mamme che assume su di sé l’intero carico del lavoro di cura, liberando la generazione successiva dalle incombenze che avevano sempre gravato su quelle precedenti e così creando le condizioni, grazie soprattutto all’accesso all’istruzione delle più giovani, per l’avvio di un processo di emancipazione. Il lavoro di cura si trasforma, non è più così preponderante il peso della fatica fisica, non è più un lavoro ripetitivo di gesti e modelli tramandati, non è più un lavoro teso a conservare. Soprattutto per le generazioni più giovani la fatica diventa stress, la ripetitività diventa capacità organizzativa, la conservazione diventa capacità di innovazione.The focus of my dissertation is the time of care, it is the time allocated to the reproduction of life of other human beings, to their physical mental welfare and to their protection. In the last fifty years the life styles have been radically transformed and with them the time of care too. In my work I analyse the change in the organisation and the meanings of care, and the schedule of women’s daily life within two contexts characterised by diverse processes of modernisation. The theories on daily life are the analytical tool I used to “read”, within the larger process of modernisation, the consequences on the time of care of the development and diffusion of home technologies, and how such developments have created new social and individual spaces, and if they have created changes in the male and female roles. In the empirical part of my work I compared two clusters of women from the same social context – that is Calabria in the 50s – but who have been part of two different models of social changes: one – the slowest – involving women who grew up and remained in Calabria, the other – the fastest – involving women migrated to Vaughan in Canada. The comparative work is done on two levels: horizontal and vertical. On the horizontal it refers to the same generation growing up in different, on the vertical it refers to the successive generations. In the case of Calabria the distribution of home technologies has happened gradually, representing rather than a coherent and overall project for organising the house work a sign of the possibility to access consumerism and status acquisition. In the case of the Canadian process the home technology is already available in the 50s and is part of the wider system of organisational rationality. In both cases the home technologies are functional to a wider development. They release time and decrease the amount of physical labour required. However these time and physical labour, that belong peculiarly to the female gender, do not increase the free time available to women. In the Canadian case – producing a more rational and fast house work - they allow women to be more free and available in the labour market. In the Calabrian case the technologies help a generation of mums who take on their shoulders the whole care, this has released the successive generation from the duties of domestic care given them the opportunities – thanks to the access given to the younger to education – to start a process of emancipation. Caring is transformed: it is no longer a tiring physical activity, it is no longer a series of repetitive movements and traditional models, it is no longer a job aiming to preserve. Particularly for the youngest generations labour of care becomes stress, the routine becomes organisational ability, and the conservation becomes ability to innovate.Item I processi di regolazione urbana tra competitività e giustizia sociale(2006) Guzzo, Fabrizio; Catalano,GildaItem Energia politica : formula tecnologica idrogeno : vecchie e nuove visioni di cambiamento energetico(2008) Cilio, Debora; Pieroni, OsvaldoIl presente lavoro si riferisce a considerazioni in merito al problema dell’approvvigionamento energetico ed alla gestione potenzialmente diffusa di nuove tecnologie energetiche (in particolare le fonti energetiche rinnovabili) applicate anche per la produzione di idrogeno come vettore energetico. Lo studio, che ha riguardato in particolare lo stadio sviluppo di tali tecnologie, pone particolare accento sull’importanza del piano della comunicazione della tecnologia come input per un allargamento all’inclusione ed alla partecipazione di più soggetti al processo di cambiamento all’interno di tre progetti adottati come casi di studio: il progetto ECTOS (Ecological City TranspOrt System) nella città di Reykjavik in Islanda, il progetto H2pia nella città di Herning in Danimarca ed il progetto PEAC.net a Soveria Mannelli (CZ) in Italia. L’ipotesi che ha guidato la ricerca, in linea con la visione di un processo circolare dell’innovazione, per cui l’innovazione non è strettamente legata al vettore tecnologico ma sono i processi sociali che se ne appropriano, è che i processi di partecipazione attorno ad un’innovazione tecnologica non si attivano se non sono sostenuti da innovazione sociale, che consenta di sfruttarne le potenzialità in termini di democrazia. Ne consegue che l’aspetto innovativo delle tecnologie è rappresentato essenzialmente dal modo in cui si rivelano le associazioni tra gli attori piuttosto che dall’artefatto in se stesso, che comunque viene letto come parte fondamentale dell’associazione stessa (come attante non umano nell’accezione dei teorici dell’Actor Network Theory). Da ciò l’importanza di superare, anche in un’ottica di sviluppo sostenibile e di accettazione del rischio, forme di “gap” comunicativi all’interno dei gruppi proponenti al fine di favorire la creazione/definizione di un immaginario tecnologico che abbia anche una valenza politica e sociale, che apra all’inclusione di nuovi attori all’interno della coalizione agente di partenza e che spinga verso una maggiore accettabilità sociale (anche in termini economici e ambientali) delle tecnologie energetiche di riferimento ed della visione di cambiamento ad essi correlata. L’elaborazione teorica e l’osservazione sul campo rilevano aspetti di similarità, tutti i progetti rappresentano, infatti, dei laboratori sperimentali che vanno nella direzione di dimostrare se sia fattibile o meno la transizione da un sistema energetico basatosulla dipendenza da fonti di origine fossile ad un sistema fondato principalmente su fonti energetiche rinnovabili, capillarmente diffuse ed ambientalmente sostenibili, e tutti in tempi differenti hanno affrontato i medesimi problemi; ma mostrano anche profonde difformità che si esplicitano nella presenza di differenze culturali ed istituzionali, in differenti politiche pubbliche in campo energetico finalizzate alla stabilizzazione delle tecnologie sottese alla produzione di idrogeno ed al suo uso, a diverse modalità di attuazione e di implementazione dei processi e delle ottiche di cambiamento ad essi sottese, ma soprattutto nella profonda diversità nel cardine interpretativo (politicamente e socialmente rilevante) sotteso alla tecnologia in analisi. Rispetto alle osservazioni avanzate sui fattori socio culturali ed istituzionali del contesto ed all’analisi dei casi è ragionevole supporre che il problema, soprattutto per ciò che riguarda il caso nazionale, che fin dal suo incipit ha contemplato forme di partecipazione allargata, è rappresentato fondamentalmente dalla tendenza a leggere la tecnologia (per altro ancora solo evocata) come unico vettore di innovazione, senza tenere conto delle oggettive difficoltà (in termini di politiche pubbliche ed economiche) di tradurre la complessità delle tecnologie implicate nel progetto attraverso una visione condivisa all’interno della coalizione agente di riferimento da cui consegue una profonda difficoltà ad aprire il processo a forme di interessamento, prima, e di inclusione reale poi, con conseguenti resistenze sia a livello istituzionale che a livello degli stakeholders locali e della cittadinanza.Item Le trasformazioni del quotidiano : genere, lavoro di cura e tecnologie domestiche(2007) Pupo, Rosaria; Barazzetti, DonatellaOggetto di questa tesi sono le trasformazioni intervenute nella dimensione della cura e delle attività domestiche nel corso dell’ultimo cinquantennio. Le teorie della vita quotidiana problematizzate alla luce delle categorie di genere sono state lo strumento analitico per leggere, entro il più ampio processo di modernizzazione, le conseguenze che la diffusione delle tecnologie domestiche ha prodotto sul lavoro di cura e in che termini queste abbiano aperto spazi sociali ed individuali per le donne inducendo delle trasformazioni nei ruoli maschili e femminili. Nella parte empirica della ricerca ho analizzato la biografia di donne che vivono in due contesti differenti, la città di Cosenza e quella di Vaughan in Canada a partire dal fatto che queste donne condividono la caratteristica comune di essere nate e cresciute nella provincia cosentina. Tutte hanno vissuto il passaggio da una società prevalentemente rurale ad una società moderna. Le donne emigrate hanno però vissuto questo passaggio nello spazio temporale di un viaggio tra l’Italia e il Canada trovandosi immediatamente in una società altamente industrializzata e modernizzata. Quelle rimaste in Calabria hanno vissuto la grande trasformazione del Sud non come uno strappo improvviso, bensì come un attraversare un periodo, lungo circa un trentennio, in cui si sono dovute confrontare con modelli economici e sociali diversi da quelli tipici dei contesti a capitalismo avanzato. Ho così scelto due aree geografiche entro cui le risorse per l’identità femminile provenienti dal processo di modernizzazione erano differenziate. La comparazione si colloca su un duplice piano d’analisi: quello orizzontale fra generazioni cresciute in ambienti sociali differenti e quella verticale fra generazioni successive. Dalle narrazioni raccolte emerge come sia nella biografia delle donne più anziane che nel passaggio intergenerazionale si arriva sia in Canada che in Calabria ad un’identità femminile più consapevole dei propri diritti ed attivamente impegnata nel difenderli. I percorsi di emancipazione differiscono da un punto di vista squisitamente qualitativo quale esito delle forme di interazione che si stabiliscono fra le intervistate e gli assetti istituzionali su cui si fondano i due contesti. Nel caso canadese l’emancipazione femminile tende a proporsi come esito di un processo di adattamento ad un sistema in cui le risorse modernizzanti abbondano ed esigono una rottura col modello tradizionale. La nuova identità femminile che emerge nel contatto con il nuovo contesto è allora figlia della frattura connessa alla decisione di emigrare e dell’obbedienza ai canoni di sviluppo della società industriale. Diversamente nel caso calabrese i condizionamenti di contesto, forse per la contraddittorietà con cui si manifestano rispetto al modello classico di sviluppo economico, lasciano uno spazio all’emergere di trasformazioni che si riflettono soprattutto nella soggettività e nella sfera del privato, differenziandosi qualitativamente dalle trasformazioni dell’identità economica e sociale. Da una parte il passaggio è mediato dal regime della “doppia presenza” che si impone prima come obbligo e poi come scelta, dall’altra parte lapreponderanza del modello della casalinghità prepara le condizioni perché le donne più giovani, arrivino ad affermare un’identità capace di scegliere, di autonomizzarsi, di affermarsi in quanto individuo. La categoria della “doppia presenza” pienamente applicabile al caso canadese lo è meno nell’interpretare la modernizzazione della Calabria. Nel primo caso essa diventa presto “tradizione” cui si socializzano le nuove generazioni, nel secondo caso resta come punto d’arrivo cui in tante aspirano. Nell’un caso e nell’altro le tecnologie domestiche si pongono come funzionali ad un più generale modello di sviluppo. Nel caso calabrese, la diffusione delle tecnologie domestiche si è prodotta gradualmente, rappresentando più che un progetto coerente e complessivo di organizzazione del lavoro domestico, un segno di possibilità di accesso al consumo e di acquisizione di status. Nel caso canadese, la dotazione tecnologica domestica è invece già immediatamente disponibile e rientra nelle logiche di razionalità organizzativa che governano quel sistema già dagli anni ’50. Liberano tempo e diminuiscono la fatica fisica ma non incrementano il tempo libero fruibile dalle donne. Nel caso canadese consentono alle donne di poter, razionalizzando e velocizzando il lavoro domestico, essere libere e disponibili verso il mercato del lavoro. Nel caso calabrese supportano una generazione di mamme che assumendo su di sé l’intero carico del lavoro di cura, libera la generazione successiva dalle incombenze che avevano gravato su quelle precedenti e così creando le condizioni, grazie soprattutto all’accesso all’istruzione delle più giovani, per l’avvio di un percorso di emancipazione. Il lavoro di cura si trasforma, non è più così preponderante il peso della fatica fisica, non è più un lavoro ripetitivo di gesti e modelli tramandati, non è più un lavoro teso a conservare. Soprattutto per le generazioni più giovani la fatica diventa stress, la ripetitività diventa capacità organizzativa, la conservazione diventa capacità di innovazione.The topic of this dissertation is the changes occurred in the last fifty years in the care and domestic activities. The dissertation applies the daily life theories in conjunction with the gender categories. Both have helped in reading the impact that the wide spread of domestic technologies – within the larger process of modernisation - had on care and how this impact has opened new social and individual spaces inducing the transformation on male and female roles. The empirical part of the research analyses the biographies of women who live in two different contexts: Cosenza in Italy and Vaughan in Canada. The two groups of women share the fact that all of them were born and bred in the provincial area of Cosenza. All of them have gone through the passage from a prevalent rural society to a modern society. The expatriate women have gone through this passage in the time of their physical journey from Italy to Canada founding themselves immediately in a society highly industrialised and modernised. Those who have staid in Calabria have gone through the great transformation of Southern Italy not as a suddenly change but as going through a long period, almost thirty years, during which they have to face various social and economical models all of which different from those of context of advanced capitalism. I have then chosen two geographical areas where the resources for the female identity as from a process of modernisation were differentiated. The comparative work is positioned on a double analytical level: the horizontal one compares the same generations but that have grown in different social contexts. The vertical one compares the next generations. From the narratives it emerges that in both the biographies of the elderly women as well as in the progression of generations, in Canada as well as in Calabria, the end result is a female identity more aware of rights and actively engaged in defending them The emancipating pathways are differentiated from a unique qualitative point of view as the result of forms of interaction established between the women interviewed and the institutional frameworks on which the two contexts are based. In the Canadian case the women emancipation appears to be as the result of an adaptive process to a system where the modernising resources are in abundance and require a break from the traditional model. The new female identity that emerges from the inclusion in the new context is then the result of the break related to the decision to migrate and to acceptance of the developmental processes of the industrial society. On the contrary, in the case of the Calabria women the pressures from the context, perhaps because such pressures have a contradictory nature in relation to the classical model of economic development, leave space for the emerging of changes that reflect more the subjectivity and the private sphere, thus showing qualitative differentiation from the change of the economic and social identity. On one hand the passage is mediated by the“double presence” regime that is affirmed as an obligation and then a choice, on the other hand the prevalent presence of the housewife model prepares the conditions for the younger women to assert an identity for which they can choose to be independent, to be an individual. The concept of the “double presence” is fully applicable to the Canadian context, less so to understand the modernisation process in Calabria. In the former it becomes soon “tradition” to which the new generations are socialised, in the latter it is the result of many aspirations. In both cases the domestic technologies are functional to a more general model of development. In the case of Calabrian society, the wide spread of domestic technologies is a gradual process, being more a sign of access to consumerism and acquisition of status and less a sign of a coherent and complete process of organisation of the housework. In the case of Canadian society, the domestic technology is, instead, immediately available and can be understood within the logic of organisational rationality that is predominant in that context since the 50s. They free time and reduce the physical effort but do not create spare time available to women. In the Canadian case they allow women to make housework more rational and fast, thus to be free and available toward the labour market. In the Calabrian case they aid a generation of mothers who takes on themselves all the care and in doing do makes free the next generation of women from the house work. This allows the creation of such conditions that, particularly through the access to education of the younger generation, promote emancipation. Care is thus transformed, it is no longer prevalent the physical effort, it is not a repetitive work made up of gestures and models transmitted, it is no longer a work whose function is to conserve. Particularly for the youngest generations the effort becomes stress, routines become organisationalability, conservation become ability to innovate.Item Micropolitica delle televisioni di strada : il riutilizzo creativo della tecnica televisiva nella molteplicità urbana(2008) Sguglio, Alfredo; Cavazzani, AdaItem L'innovazione sociale come sfida alla governance : le alternative food networks in Europa(2009) Felicetti, Michela; Cavazzani, AdaQuesto lavoro di ricerca si propone si contribuire al dibattito sulle Alternative Food Networks, da una parte, esaminando i profili di sostenibilità di tali pratiche ai fini del rinnovamento delle aree rurali, dall’altra, evidenziando quali sono le condizioni che favoriscono il loro consolidamento e la loro istituzionalizzazione. A tal fine, attraverso l’indagine empirica delle reti alternative, si vogliono raggiungere due obbiettivi: il primo è confutare la teoria che rappresenta le Alternative Food Networks come alleanze escludenti rispetto ai soggetti svantaggiati della società e rivolte a quelli privilegiati. Il secondo obbiettivo è quello di vedere come l’azione collettiva abbia innovato e sfidato il sistema agroalimentare mantenendo la propria indipendenza dalle politiche governative. L’approccio della regolazione e quello della governance, come sua declinazione più recente, sono serviti per tratteggiare il contesto politico istituzionale e culturale nel quale le reti alternative sono embedded, mentre le teorie dei networks hanno costituito la base per analizzare il comportamento dei soggettiche costituiscono le reti e di quelli che fanno parte delle associazioni del settore volontario. Dalla ricerca è emerso che le Alternative Food Networks (AFNs) o filiere corte, concretizzano delle forme innovative di organizzazione sociale volte a costituire spazi di produzione e consumo di cibo, collegati in modo stringente da un punto di vista fisico, economico e sociale.Le Alternative Food Networks, si pongono,dunque, come pratiche di azione sociale capaci di costituire un’alternativa alla struttura organizzativa del complesso agro-industriale ed ai problemi di sostenibilità da esso generati. In quanto tali, le Alternative Food Networks, rappresentano una relazionalità nongestibile dalla progettualità governativa nelle azioni per lo sviluppo locale. Al contrario, l’innovazione da esse prodotta, ha innescato un processo di istituzionalizzazione su due livelli quello delle associazioni e quello del governo. La comparazione tra le modalità con cui si sono sviluppate le Alternative Food Network in Italia e nel Regno Unito ha richiesto un’analisi della governance alimentare, per comprendere il quadro macro-regolatorio in cui tali pratiche si sono sviluppate, ed una analisi actor-oriented, per esaminare le strategie locali di costituzione e consolidamento delle Alternative Food Networks. Lo studio comparativo ha messo in luce che la capacità di agency alla base delle pratiche alternative analizzate nel Regno Unito si è rivelata più dirompente, sia in relazione alle politiche alimentari governative, sia in relazione al modello organizzativo attualizzato. Qui il sodalizio tra agricoltori e consumatori è risultato più equilibrato, si è caratterizzato con una forte valenza “civica” e si è intrecciato con il settore volontario consolidando in modo più evidente l’innovazione sociale.This research work seeks on one hand, to contribute to the debate on the Alternative Food Networks, examining the sustainability profiles of such practices that have the aim of renewing rural areas, and on the other hand, highlighting which are the conditions that favour their consolidation and institutionalisation. To such an end, through the use of alternative networks' empirical research, two objectives are sought to be reached: the first is to refute the theory that depicts the Alternative Food Networks as confederations that exclude disadvantaged members of society and apply only to those more privileged members. The second objective is that of seeing how collective action has innovated and challenged the food farming system maintaining its independence from government policies. The approach used both in its regulation and governance, as in the case of its most recent declination, has served to outline the institutional and cultural political context in which the alternative networks are embedded, while the networks theories have constituted the basis for analyzing the behaviour of subjects that make up the networks and those that partake in voluntary associations. From the research it has emerged that the Alternative Food Networks (AFNs) or short supply-chain are realising innovative forms of social organisation aimed at constituting food production and consumption spaces which are closely linked from a physical, economic and social perspective. The Alternative Food Networks present themselves as social action practices capable of constituting an alternative to the organization of the agro-industrial complex and to the problems of sustainability generated by it. As such, the Alternative Food Networks represent a relationality unmanageable by government planning in local development actions. On the contrary, theinnovation produced by these has triggered a process of institutionalisation on two levels, that of the associations and that of the government. The comparison between the modalities with which the Alternative Food Network in Italy and the United Kingdom were developed has required an analysis of food governance in order to understand the macro-regulatory framework in which such practices have been developed, and an actor-orientated analysis to examine the local strategies of organisation and consolidation of the Alternative Food Networks. The comparative study has brought to light that the agency's ability at the foundation of alternative practices analysed in the UK has proved to be the most revolutionary, both in relation to food governance policies, and in relation to the organisational model put into place. Here the association between farmers and consumers has revealed itself to be more balanced, characterised by a strong “civic” value and intertwined with the voluntary sector, consolidating its social innovation in a more evident way.Item Le basi sociali della sostenibilità nei processi di sviluppo locale : il ruolo della partecipazione e del conflitto(2009) Bianco, Andrea; Pieroni, OsvaldoIl presente lavoro di dottorato attraverso l’indagine empirica su tre Agende 21 locali, due italiane – l’Agenda 21 locale di Cetraro (CS) e l’Agenda 21 locale Capo Sud (RC) – ed una nelle isole Baleari in Spagna – l’Agenda 21 locale di Calvià – intende contribuire alla discussione sulla sostenibilità locale, qui intesa come <> (Magnaghi, 2000), prendendo a riferimento il ruolo degli attori sociali operanti su un dato territorio. Le ipotesi che hanno guidato il mio lavoro, che da un punto di vista teorico si appoggiano alla scuola territorialista, sostengono che a monte della sostenibilità locale o c’è un movimento sociale, un conflitto, una mobilitazione significativa, sostenuto anche da processi di tipo partecipativo, oppure risulta difficile che questa possa essere opera dell’azione di un’amministrazione, anche seSecondo l’approccio territorialista, infatti, la sostenibilità locale è considerata sostanzialmente una questione, sociale, comunitaria, relazionale. Rifacendosi infatti agli orientamenti teorici che assumono la territorialità come un processo in continuo divenire: il territorio “locale” può essere assunto come una “costruzione” sociale che deriva dalla mobilitazione dei gruppi, degli interessi e delle istituzioni territoriali, in un processo collettivo in cui le interazioni fra i soggetti assumono di volta in volta la forma di confronto, cooperazione, conflitto. In tale contesto teorico, l’approccio territorialista alla sostenibilità e alla partecipazione, che si fonde nel concetto di autosostenibilità, è praticabile solo a condizione che gli attori locali cooperino attivamente e responsabilmente al processo, mobilitando all’interno del sistema le energie sociali per la sua condizione (ibidem), comportandosi di fatto come un “soggetto collettivo”. In talune circostanze, infatti, in determinati territori, le reti dei soggetti locali, in funzione dei rapporti reciproci che intrattengono fra di loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un <>, dando vita ad un Sistema Locale Territoriale orientato alla sostenibilità.Nella prospettiva territorialista il fulcro dell’azione riformatrice verso la sostenibilità proviene dunque dalla stessa comunità, che attraverso le azioni dei soggetti sociali più vitali, può diventare il soggetto attivo della manutenzione e delle trasformazioni ambientali del territorio. La letteratura su questo punto è abbastanza chiara: le politiche di sostenibilità locale non sono il risultato spontaneo dell’azione politico-amministrativa di questa o quella amministrazione, o di una determinata organizzazione territoriale, quanto piuttosto il risultato di mobilitazioni che scaturiscono dal territorio in risposta alla sua incapacità di sostenere modelli di sviluppo estranei agli stessi contesti che li ospitano. Mobilitazione implica anche un confronto dialettico, una interazione strategica tra l’insieme degli attori toccati da eventuali rischi ecologici e le istituzioni politiche coinvolte nelle decisioni pubbliche in tema di risanamento ambientale o responsabili di scelte strategiche potenzialmente insostenibili. Interazioni che si manifestano anche attraverso la contrapposizione di portatori di interessi e orientamenti apparentemente inconciliabili. Da qui la necessità della costruzione di livelli intermedi di partecipazione e deliberazione, all’interno dei quali la questione ambientale non venga relegata ad una questione tecnico-scientifica ma diventi piuttosto una questione sociale, comunitaria, relazionale, e dove partecipazione non si riduca ad una questione tecnico-formale ma diventi invece uno strumento di autoapprendimento che restituisca agli abitanti il senso di appartenenza al luogo. Sciogliere i nodi che legano la matassa delle relazioni e degli interessi locali rappresenta dunque la posta in gioco per la costruzione di una territorio che tenga realmente conto della reale complessità delle problematiche in gioco. Il ricorso alla deliberazione pubblica attraverso pratiche discorsive viene qui assunta come condizione indispensabile per l’avvio di politiche improntate alla sostenibilità. Deliberazione che nella sua forma tipico-ideale costituisce una modalità di assunzione di decisioni di rilevanza pubblica, in cui più soggetti, portatori di sistemi di preferenze e credenze diversificati, confrontano discorsivamente idee, argomenti e posizioni. Partendo da tali assunti, attraverso l’indagine empirica dei tre processi di Agenda 21 locale da una parte è stato possibile verificare l’importanza delle mobilitazioni collettive ai fini dell’implementazione di politiche orientate alla sostenibilità, dall’altra indagare su quali siano i fattori chiave che stanno alla base di tali processi deliberativi, soprattutto in merito alle dinamiche di apertura cognitiva dei partecipanti, e sull’importanza che da questo punto di vista assumono le relazioni sociali reciproche che caratterizzano i soggetti che partecipano al gioco della “deliberazione”.(English version) The present doctoral dissertation, through a field survey on three Local Agenda 21 projects, two in Italy – Local Agenda 21 of Cetraro (CS) and Local Agenda 21 of Capo Sud (RC) – and one in the Balearic Islands in Spain – Local Agenda 21 of Calvià – aims to contribute to the debate on local sustainability, here intended as “the capacity of a local territorial system to produce a long lasting welfare, allowing the improvement and an increase in value of local resources (environmental, human and territorial), without external support and with supportive trade and no exploitation” (Magnaghi, 2000), focusing on the role of local social actors. The suppositions guiding my work, that from a theoretical point of view are built on the territorialism approach, are based on the idea that local sustainability is backed by a social movement, a conflict, supported by a participative process and that it cannot only be the result of a local administration initiative. According to the territorialism approach, local sustainability substantially involves social, community and relational issues. As a matter of fact, recalling the theoretical orientations that assume territoriality as a continuous ongoing process: local territory could be defined as a social “building” which derives from the mobilization of groups, of interests and of local institutions, in a collective process in which the interrelations between actors are each time in a form of comparison, cooperation and conflict. In this theoretical context, the approach to sustainability and to participation focused on territorialism, that is merged on the concept of self-fulfilling-sustainability, is workable only if local actors actively and responsibly cooperate in the process, mobilizing within the system social energies (ibidem), acting as a “collective actor”. In certain circumstances and in specific territories, according to the relationships among actors and the characteristics of the local society, the networks of individuals behave as a ”collective actor”, creating a Local Territorial System oriented towards sustainability. In the territorialism approach, the core of the reformatory action towards sustainability comes from the community itself, as it becomes an active individual in preserving and changing local environment through the initiatives of the most vital local inhabitants.Literature on this issue is very clear: local sustainability policies are not the result of spontaneous political-administrative initiatives or of specific local organizations, but they are the effect of mobilizations that erupt from the local territory as an answer to the inability of the territory to support development patterns that do not fit those same contexts to which they are applied. Mobilization implies also debates, a strategic interaction between the different actors undergoing potential environmental risks and the political institutions involved in the decision making process aimed at protecting the environment or responsible of strategic decisions that are potentially unsustainable. Interactions can be the result of dialectical conflicts between stakeholders and apparently irreconcilable orientations. In this context there is a need to build intermediate levels of participation and deliberation, in which environmental concerns are not relegated only to technical and scientific debates but also involve the social, community and relational dimension, and where the participation becomes an instrument of self-learning that creates among the local population a sense of affiliation with the territory. Solving the problems of local relationships and interests represents the way forward to build a local territory which is capable of dealing with the real complexity of the issues to be solved. Public decision making through public debates is assumed to be the essential condition to set up policies towards sustainability. Deliberation, that in the traditional form is a way of assuming decisions of public relevance, in which many actors, from a variety of stakeholders, discuss ideas, issues and positions. Building on such suppositions, through the field survey of the three Local Agenda 21 processes, it has been possible on one side to verify the importance on collective mobilizations aimed at implementing policies oriented towards sustainability, while on the other side to analyze which are the key factors that are guiding the deliberation processes, in particular, regarding the dynamics of increasing the knowledge of participants and the importance of the social relationships among the actors that participate to the process of deliberation. particolarmente illuminata (cosa rara).
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