Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione - Tesi di Dottorato
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Questa collezione raccoglie le Tesi di Dottorato afferenti al Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione dell'Università della Calabria.
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Item Effetti dell'olio essenziale di Bergamotto (Citrus bergamia Risso et poiteau) su processo autofagico: identificazione dei meccanismi coinvolti e dei componenti responsabili(2012) Cassiano, Valentina; Sisci, Diego; Corasaniti, Maria TizianaNel presente studio, condotto in vitro, è stato valutato il coinvolgimento del processo autofagico negli effetti biologici dell’olio essenziale di bergamotto, BEO (Citrus Bergamia, Risso et Poiteau), un fitocomplesso dalle documentate proprietà farmacologiche, largamente impiegato nell’industria alimentare, farmaceutica, cosmetica e in aromaterapia (si veda: Bagetta et al., 2010). In particolare, è stata investigata l’espressione dei principali marker dell’autofagia in colture cellulari di neuroblastoma umano, SH-SY5Y, nelle quali erano stati precedentemente condotti sia gli studi di citoprotezione (Corasaniti et al., 2007) che di citotossicità (Berliocchi et al., 2011) con l’olio essenziale. Tale studio è stato esteso anche a colture di cellule ganglionari retiniche di ratto, RGC-5, e a colture di fibroblasti umani non tumorali, Hs 605.Sk. I risultati ottenuti dimostrano che il BEO, nelle linee cellulari studiate, induce un’autofagia funzionale, non abortiva, con un effetto che è concentrazione- e tempo-dipendente. Il meccanismo di tale induzione sembra essere indipendente sia da Beclin 1 che dalla via di mTOR. L’olio essenziale di bergamotto, inoltre, aumenta anche l’attività del sistema ubiquitina-proteosoma e quindi la capacità degradativa globale della cellula. L’autofagia indotta dal BEO non contribuisce alla citotossicità del fitocomplesso, ma esercita un ruolo citoprotettivo e gli effetti sulla pathway autofagica si osservano anche a concentrazioni di BEO che non producono tossicità. Grazie al presente studio sono stati identificati nel limonene e nel linalil acetato i due costituenti dell’olio essenziale principalmente responsabili della modulazione della via autofagica nelle cellule esposte al BEO. Questi composti agiscono entrambi da induttori dell’autofagia, con effetto additivo, riproducendo gli effetti del fitocomplesso. Alla luce dei dati raccolti, le prospettive future in questo ambito di ricerca sembrano essere promettenti. Sia il limonene che il linalil acetato sono due composti chimici ben caratterizzati e ritenuti sicuri per l’uomo, che potrebbero rivelarsi utili sia come tool farmacologici per lo studio del processo autofagico, sia come potenziali agenti terapeutici per il trattamento di tutte quelle condizioni patologiche (inclusi malattie neurodegenerative e cancro) in cui l’induzione dell’autofagia può risultare benefica.Item Caratterizzazione del ruolo dell'autofagia in un modello sperimentale di glaucoma acuto(2011) Varano, Giuseppe Pasquale; Sisci, Diego; Russo, RossellaIl termine glaucoma indica un gruppo eterogeneo di neuropatie ottiche progressive caratterizzate da alterazioni del campo visivo dovute alla morte delle cellule ganglionari retiniche (Retinal Ganglion Cells, RGCs) e alla degenerazione del nervo ottico. Le strutture interessate in corso di glaucoma, retina e nervo ottico, costituiscono parte del sistema nervoso centrale (SNC), pertanto, il glaucoma è considerato, sotto ogni aspetto, una malattia neurodegenerativa. Così come per molte altre patologie neurodegenerative, l’eziologia del glaucoma è complessa e multifattoriale e la fisiopatologia cellulare e molecolare rimane poco sconosciuta. L’aumento della pressione intraoculare è considerato il principale fattore di rischio associato alla patologia, sebbene non sia la condizione necessaria e sufficiente per l'insorgenza della malattia e le cause responsabili della morte delle cellule ganglionari retiniche rimangono ancora ignote. Tuttavia, diversi sono i fattori che possono essere coinvolti per spiegare la perdita delle cellule ganglionari retiniche, fra questi: la deprivazione di fattori trofici, il danno da ischemia-riperfusione, lo stress ossidativo, la disfunzione mitocondriale e l’eccitotossicità indotta dal glutammato. Il processo autofagico rappresenta il principale sistema di degradazione lisosomiale per il turnover di organelli e di proteine a lunga emivita. Questo processo permette alla cellula di eliminare componenti tossici o danneggiati allo scopo di mantenere i livelli energetici e l’omeostasi cellulare in condizioni di stress metabolico. Un crescente numero di evidenze sperimentali suggerisce che la disfunzione o la deregolazione autofagica è associata a diverse patologie neurodegenerative di tipo cronico, come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson e la malattia di Huntington, ma anche di tipo acuto, come il danno ipossico e ischemico. Tuttavia, nonostante i numerosi studi sul ruolo dell’autofagia nelle malattie neurodegenerative, il ruolo di tale processo nella degenerazione retinica rimane ancora poco studiato. Pertanto, gli obiettivi del presente lavoro di ricerca sono stati: - verificare la modulazione del processo autofagico in un modello sperimentale di glaucoma in vivo ottenuto attraverso l’aumento transitorio della pressione intraoculare con conseguente ischemia retinica. - valutare il ruolo dell’autofagia sulla vitalità cellulare in colture di cellule ganglionari retiniche RGC-5 attraverso la manipolazione farmacologica ed il silenziamento genico di proteine tipicamente coinvolte nel processo autofagico I risultati ottenuti dimostrano che l’insulto ischemico induce una riduzione significativa dell’espressione della forma associata all’autofagosoma della proteina LC3 (LC3II) e della proteina Beclin-1, coinvolta nelle fasi iniziali del processo autofagico. Quest’ultimo evento è accompagnato dal clivaggio proteolitico della proteina Beclin-1 nella fase post-ischemica con accumulo di un frammento proteico di 50kDa. L’attivazione della cascata eccitotossica, che consegue all’eccessiva stimolazione dei recettori NMDA per il glutammato, caratterizza l’insulto ischemico retinico e la morte delle cellule ganglionari ad esso associata. Nel presente lavoro è stata studiata l’attivazione delle proteasi Ca2+-dipendenti calpaine, tipicamente associate al fenomeno eccitotossico, in seguito all’induzione dell’ischemia retinica. Il profilo temporale di attivazione di questi enzimi proteolitici mostra un andamento compatibile con un loro coinvolgimento nel clivaggio della proteina Beclin-1. Il trattamento con l’antagonista non competitivo dei recettori NMDA del glutammato, l’MK- 801 (50nM, 5μl/occhio), con gli inibitori delle calpaine MDL28170 ed SJA6017 (1mM, 3μl/occhio) ed il silenziamento genico della subunità-1 delle calpaine in vivo (CAPNS1- siRNA, 10μg/occhio), mentre riducono l’attività delle proteasi, prevengono l’accumulo del frammento di 50kDa. L’insieme dei dati conferma il coinvolgimento delle calpaine nel clivaggio di Beclin-1, che viene pertanto identificata come un nuovo substrato di queste proteasi. Infine, il ruolo protettivo o detrimentale dell’autofagia è stato valutato in colture cellulari RGC-5 in vitro. La deprivazione da siero per un periodo di 24h induce l’attivazione dell’autofagia; il trattamento con gli inibitori del processo autofagico, Bafilomicina-A1 (100nM) e 3-metil-adenina (10mM), ed il silenziamento genico della proteina Beclin-1 in vitro riducono in modo significativo la vitalità delle RGC-5 in condizioni di deprivazione da siero. In conclusione, i dati riportati in questo studio indicano una deregolazione dell’autofagia in seguito all’ischemia/riperfusione retinica associata al clivaggio, mediato dalle calpaine, della proteina Beclin-1 e supportano il ruolo neuroprotettivo di questo processo nelle cellule ganglionari retiniche. Pertanto, la regolazione del processo autofagico potrebbe rappresentare un aspetto importante nelle patologie oculari associate ad eventi ischemici e quindi un potenziale bersaglio per nuove strategie neuroprotettive.Item Cratterizzazione degli effetti neuroprotettivi della leptina in un modello sperimentale di ischemia cerebrale focale nel ratto(2011) Petrelli, Francesco; Sisci, Diego; Amantea, DianaLa leptina, oltre ad avere effetti sull’ipotalamo per il controllo del peso corporeo, è coinvolta nella regolazione della funzionalità, dello sviluppo e della sopravvivenza neuronale. Studi recenti hanno evidenziato i suoi effetti neuroprotettivi nel danno ischemico cerebrale, ma fino ad oggi il ruolo del fattore di trasduzione ed attivatore trascrizionale (STAT)-3, il principale mediatore della via di trasduzione del segnale di ObR nel cervello, non è stato chiarito. I nostri dati dimostrano che la somministrazione sistemica acuta di leptina è neuroprotettiva in ratti sottoposti ad occlusione permanente dell’arteria cerebrale media (MCAo), come documentato dalla riduzione significativa del volume di infarto cerebrale e del deficit neurologico fino a 7 giorni dopo l’induzione di ischemia. Mediante analisi di immunofluorescenza e tecniche di frazionamento subcellulare abbiamo osservato che la neuroprotezione da leptina è associata con la modulazione dei livelli di fosforilazione di STAT-3 in differenti tipi cellulari nella corteccia cerebrale ischemica. Infatti, poche ore dopo l’insulto la leptina aumenta i livelli di p-STAT3 nel nucleo degli astrociti della penombra ischemica contribuendo così agli effetti benefici di queste cellule sull’evoluzione del danno. L’aumentata espressione di homer-1a che osserviamo negli astrociti fino a 7 giorni dopo l’induzione di ischemia, sottolinea ulteriormente il loro ruolo benefico. Mediante ricostruzione 3D di immagini di microscopia elettronica, combinata con analisi morfometrica, abbiamo osservato che gli astrociti reattivi mostrano un ridotto coverage bilaterale, mentre la percentuale di contatto con le sinapsi glutammatergiche rimane invariata. Inoltre, l’aumento di p-STAT3 indotto dalla leptina nei neuroni dopo 24h di MCAo è associato con un aumento dell’espressione dell’inibitore tissutale delle metalloproteasi della matrice (TIMP)-1 nella corteccia, suggerendo un suo coinvolgimento nella neuroprotezione indotta dall’adipochinaItem Study of autophagic and epigenetic mechanisms in experimental models of inflammatory and neuropathic pain for the identification of new pharmacological targets(2013-11-28) Maiarù, Maria; Sisci, Diego; Berliocchi, LauraPain is defined by IASP as “an unpleasant sensory and emotional experience associated with actual or potential tissue damage, or described in terms of such damage” (IASP, 2011). While physiological pain is like a warning system, useful to prevent damage to the organism, pathological pain is an unpleasant sensation, permanent also after damage and it is characterized by an enhanced sensitivity to both innocuous and noxious stimuli (termed allodynia and hyperalgesia, respectively). While acute pain resolves in few days, chronic pain lasts longer than three/six months. Neuropathic pain, a common form of chronic pain, was defined as “pain caused by a lesion or disease of the somatosensory nervous system” (IASP, 2011). Pharmacological treatments available, including tricycles antidepressant and gabapentin, have limited efficacy in most of patients (Childers et al, 2007). Therefore, a better understanding of pain physiopathology and the development of new treatments are very important. Here, we characterised two new molecular mechanisms, autophagy and epigenetic mechanisms, and their role in pain processing. Autophagy is the main mechanisms involved in the degradation of proteins and organelles, in cell remodelling and survival during periods of nutrient deficiency. The decrease in the autophagic activity seems to interfere with the degradation of proteins and with the turnover of nutrients, while a greater activation of this pathway appears to facilitate the clearance of protein aggregates and to promote neuronal survival in various neurodegenerative diseases. On the other hand, too high autophagic activity can be detrimental and lead to cell death, suggesting that the regulation of autophagy has an important role in determining cell fate. However, despite numerous studies on the role of autophagy in neurodegenerative diseases, the role of this process in the pathophysiology of neuropathic pain remains poorly studied. Epigenetic mechanisms are chemical modifications of chromatin that influence gene expression without altering the DNA sequence. Although in recent years scientific research has produced significant results in the epigenetics field, only few studies have focused on the involvement of epigenetic mechanisms in relation to pain states. Experimental evidence suggests that changes in the expression of some genes are involved in the early stages of induction and maintenance of chronic pain states. Among these genes, recent evidence suggests a role for the FKBP5 gene, an important regulator of the glucocorticoid receptor, involved in the regulation system of the stress response. In addition, recent studies show that this gene is under strong epigenetic control. In view of this, the objectives of this research were: • To characterise the autophagic process at spinal cord level in different experimental models of neuropathic and inflammatory pain; • To verify the relevance of spinal autophagy for pain processing; • To identify pain conditions in which the gene FKBP5 plays a role; • To study the role of FKBP5 on pain processing at spinal cord level; • To characterize the enzymes involved in DNA methylation; The results obtained in the first experimental part of this thesis showed a modulation of the main autophagic markers in experimental models of neuropathic pain. In particular, in the model that involves the ligation of the L5 spinal nerve (SNL) and in the model that involves the transection of the tibial nerve and peroneal (SNI), it was observed an increase in the levels of the associated form of the protein LC3 (LC3II ) and of protein p62 , which is involved in the early stages of degradation of the autophagic process. The observed increase in p62 protein levels suggested a possible impairment of autophagic flux. To verify this hypothesis the consequences of a local block of autophagy at spinal level were investigated on pain behaviour. In particular, the treatment of naïve animals with chloroquine, a lisosomal inhibitor, resulted in the establishment of a state of hyperalgesia typically observed after peripheral damage of the spinal nerves. The results obtained in the second experimental part demonstrate an involvement of the gene FKBP5 in the induction and in the maintenance phases of chronic pain. In particular, knockout animals have shown a lower sensitivity to mechanical stimuli following the onset of various chronic pain states. The silencing of the gene at the spinal cord level has allowed us to understand the role of the gene FKBP5 in pain processing after an injury. Finally, the study and characterization of DNMT1, the enzyme involved in DNA methylation, has allowed us to suggest the active involvement of other proteins in the process of DNA demethylation and then in the expression of genes. In conclusion, the data reported in this study indicate an impairment of autophagy in experimental models of neuropathic pain, supporting the neuroprotective role of this process in the spinal cord. It was also demonstrated the involvement of the gene FKBP5 in the induction and in the maintenance phases of chronic pain. Altogether, these data pave the way to further investigations aimed to a better understanding of the mechanisms underling chronic pain and to the identification of potential molecular targets for the development of new therapeutic strategiesItem Caratterizzazione pre-clinica di una nuova strategia terapeutica per l'ischemia cerebrale identificata mediante drug repurposing di un antibiotico macrolide(2013-11-30) Certo, Michelangelo; Amantea, Diana; Sisci, DiegoCerebral ischemia is one of the most common causes of disability and mortality worldwide and the only pharmacological treatment currently available is thrombolysis. The understanding of the mechanisms underlying ischemic injury has led to the identification of several neuroprotective compounds aimed at the recovery of the damaged brain tissue. However, most of these drugs have produced disappointing results in clinical trials because of the high toxicity or lack of efficacy in patients. Therefore, there is a real need to develop novel therapeutic strategies that do not consider neurons as the only target. In fact, the neuronal damage is strongly influenced by the inflammatory and immune processes that develop both locally and systemically after ischemia. The inflammatory response evolves slowly, and this allows to significantly expand the time window for pharmacological intervention, highlighting the therapeutic potential of anti-inflammatory and immunomodulatory drugs. Therefore, the first objective of this work was to characterize central and peripheral inflammatory responses that occur following an ischemic insult in rodents. In particular, in order to identify potential targets, we have evaluated the temporal profile of activation of specific inflammatory cells. By immunofluorescence analysis, we observed an early activation of microglia and astrocytes in the ischemic hemisphere, as a result of transient middle cerebral artery occlusion (MCAo) in rodents. We have also detected a massive brain recruitment of neutrophils and macrophages, with a peak of infiltration 48 hours after the insult, whereas T lymphocytes have been identified only at later times. Together with evidence from microarray studies demonstrating that the majority of genes modulated acutely in the blood of stroke patients resides in neutrophils and monocytes, our findings suggest that these cells may be useful therapeutic targets. Using the repurposing approach we have selected a drug, azithromycin, that is able to modulate the functions of macrophages and neutrophils in pathological conditions other than ischemia. Pre-treatment with azithromycin (150 mg/kg, orally) produces a significant reduction of the cerebral infarct volume induced by transient or permanent MCAo in rats. This suggests a potential prophylactic use of the drug during surgical procedures associated to a high risk of ischemic tissue damage. We have also observed the neuroprotective activity of azithromycin when the drug is administered systemically after a transient ischemic insult. The reduction of the infarct volume induced by transient MCAo is dose-dependent (ED50 = 0.59 mg/kg in mice, ED50 = 1.19 mg/kg in rats) and is approximately 60% (compared to vehicle) with the most effective dose of azithromycin (150 mg/kg, i.p.). The neuroprotective doses in rodents are therefore much lower than the antibiotic ones. We have also documented that the reduction of the infarct volume and the improvement of the neurological deficit due to azithromycin post-treatment (150 mg/kg, ip) are maintained up to 7 days after the insult. Furthermore, the time window of efficacy is rather wide, since neuroprotection is observed with the drug administered up to 6 hours after the insult both in rats and in mice subjected to transient MCAo. The characterization of the neuroprotective effects of azithromycin, demonstrated by the present study in models of focal ischemia in rodents, provides the basis for the validation of the drug efficacy in patients suffering from ischemic stroke.